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Economia
Analisi

Bossi: «L’artigianato è in crisi da anni»

Il direttore provinciale di Confartigianato commenta i dati dell’ultima indagine congiunturale: «Un andamento che si trascina da tempo. Dal 2010 ad oggi si sono perse nell’Astigiano mille imprese»

«I dati dell’ultima indagine congiunturale evidenziano un trend negativo che si trascina da tempo. Basti pensare che nella nostra provincia, in 14 anni, si sono perse 1.031 imprese artigiane».
A parlare è Giansecondo Bossi, direttore provinciale Confartigianato, che commenta, citando dati di Infocamere sulle imprese del settore attive nell’Astigiano, l’indagine congiunturale relativa al terzo trimestre del 2025, redatta dall’Ufficio studi dell’associazione.
Dal questionario rivolto ad un campione di 2.250 imprese selezionate nei comparti di produzione e di servizi in Piemonte, l’Ufficio ha tratto alcuni dati preoccupanti.
«L’indagine – commenta il presidente regionale Confartigianato, Giorgio Felici – conferma un clima di sfiducia da parte delle imprese. L’intensificarsi della predazione fiscale e della morsa burocratica non aiutano. Raddoppia la percentuale di imprese che non occupa personale dipendente (che passa dal 9,22% al 18,56%), cala l’andamento occupazionale (da – 5,44% a -6,17%), diminuisce il dato relativo all’assunzione di apprendisti (da -19,22% a -20,96%)».

I dati astigiani

Una situazione che influenza anche il nostro territorio. «Il calo – continua Bossi – si trascina da anni, tanto che le imprese artigiane iscritte alla Camera di Commercio, nella nostra provincia, sono passate dalle 7.004 del 2010 alle 6.428 del 2014, fino alle 5.973 registrate al 31 dicembre 2024. Una tendenza che deriva da diversi fattori. Innanzitutto la diminuzione del passaggio generazionale: sempre meno i titolari di una ditta, al momento della pensione, vengono sostituiti da figli e nipoti, che aspirano a carriere caratterizzate da un più alto tasso di scolarizzazione e da un maggiore conciliazione tra tempi di vita e lavoro. Quindi l’aumento costante degli adempimenti normativi e burocratici, peraltro non agevolati, anzi peggiorati, dalla semplificazione amministrativa digitale (che per le piccole imprese comporta solamente un aggravio di impegno e tempo per seguire le pratiche). Così i giovani snobbano mestieri di cui, però, la società ha bisogno – come l’elettricista, l’idraulico, il manutentore, il panettiere – e che garantiscono soddisfazione economica, considerando la richiesta sul mercato, e l’assenza del rischio di essere sostituiti dalla tecnologia. Indagini come le trimestrali servono quindi a portare l’attenzione su un fenomeno che si trascina da tempo e che, purtroppo, non si arresta».

I dazi

Il presidente regionale Felici sottolinea poi il dato sull’export, con riferimento ai dazi americani. «Il corto circuito mediatico legato ai dazi – commenta – ha fatto scendere vertiginosamente la percentuale di stima degli ordini costanti per le esportazioni, che passa dal 62,90% al 34,71%. Questo dato ci dimostra che le imprese prevedono circa il 28% di ordinativi in meno per le esportazioni. La preoccupazione degli imprenditori si riflette anche sul dato relativo alle aziende che non prevedono di fare investimenti nei prossimi 12 mesi, che sale ancora, arrivando al 78,35%».
«I dazi Usa rappresentano sicuramente un punto interrogativo – aggiunge Bossi – in quanto vanno letti in modo “indiretto”, perché non riguardano solo le realtà che tradizionalmente esportano i loro prodotti all’estero, ma hanno effetti su tutte le ditte inserite in una filiera produttiva. Detto questo, a livello locale penso sia più allarmante un altro dato, quello relativo all’aumento delle cassa integrazione per le imprese in crisi, principalmente dei settori tessile, meccanico e automotive, come emerge dalle richieste al Fondo di solidarietà bilaterale, con cui gestiamo questo ammortizzatore sociale».

La posizione della Cna

Ad evidenziare questo aspetto anche la Cna (Confederazione nazionale artigianato). L’associazione di categoria cita, nello specifico, i dati diffusi recentemente dall’Ente bilaterale sull’artigianato piemontese in merito all’utilizzo del Fondo di solidarietà bilaterale. Dati che mostrano come, nel primo semestre del 2025, la cassa integrazione sia aumentata del 42% rispetto allo stesso periodo del 2024. A pagare il prezzo più alto i comparti orafo, tessile e automotive.
«Se non si interviene adesso – lanciano l’allarme Giovanni Genovesio e Delio Zanzottera, rispettivamente presidente e segretario di Cna Piemonte – l’artigianato rischia di collassare definitivamente. Le richieste del settore sono note e urgenti. Tra queste, una transizione energetica sostenibile e accessibile; il credito agevolato e rapido per sostenere le aziende e una sburocratizzazione reale, per liberare le energie imprenditoriali. A ciò si aggiunge la necessità di un aggiornamento della legge quadro sull’artigianato, ferma al 1985».

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