Morde la crisi economica e non risparmia le aziende astigiane. Tra i settori maggiormente colpiti della nostra provincia, risulta esserci quello metalmeccanico insieme con l'edilizia. I dati che
Morde la crisi economica e non risparmia le aziende astigiane. Tra i settori maggiormente colpiti della nostra provincia, risulta esserci quello metalmeccanico insieme con l'edilizia. I dati che provengo dalla FIOM non fanno ben sperare e parlano di aziende ancora in forte difficoltà, in cui si fa gran ricorso all'utilizzo degli ammortizzatori sociali ormai in scadenza. Gate, Dierre, Util e Askoll scontano gli effetti della cattiva congiuntura economica. Alla Gate di corso Alessandria i dipendenti sono in cassa integrazione ordinaria mentre alla Dierre e all'Util di Villanova si è fatto ricorso ai contratti di solidarietà. All'Askoll di Castell'Alfero resta la cig in deroga.
«Per il momento si cerca di tamponare la situazione con l'utilizzo degli ammortizzatori sociali ?- spiega Mamadou Seck segretario provinciale della FIOM di Asti -? ma buona parte di questi strumenti è in scadenza e nel 2015 sarà necessario capire con l'azienda in che modo tirare avanti». Il timore è soprattutto per gli esuberi, che in queste aziende continuano ad essere denunciati. «Queste aziende rimarranno sul mercato ma restano gli esuberi, quantificati sui 100/150 per ciascuna realtà produttiva». Le ragioni di questa crisi sono chiare: calo delle commesse, contrazione degli investimenti e difficoltà nell'accesso al credito bancario.
E se le grandi aziende se la passano non troppo bene per le piccole si assiste ad una vera ecatombe. «Le piccole e micro imprese astigiane stanno incontrando grosse difficoltà a restare a galla -? continua Seck ?- perché più delle altre soffrono l'impossibilità di ottenere prestiti dalle banche. Inoltre, sono spesso inserite in un circolo vizioso in cui se non vengono pagate dalle aziende i clienti generano a loro volta debiti nei confronti dei fornitori o dei dipendenti». Per queste piccole realtà non resta quindi che portare i libri in tribunale e per i dipendenti, spesso già inseriti in cassa integrazione, si apre la trafila della mobilità (per i più fortunati) o direttamente della disoccupazione.
Dal 2011 la FIOM conta otto piccole aziende che in provincia hanno chiuso per fallimento e questo solo per il settore metalmeccanico. Eppure sempre dal 2011 ad oggi il numero totale di aziende astigiane risulta invariato, fermo a 24 mila unità. Secondo la FIOM questo dato andrebbe letto con attenzione: per il sindacato non è indice di stabilità, tutt'altro, perché a fronte di imprese che chiudono per fallimento ce ne sono di nuove che riaprono e quindi ecco spiegato il perché il numero sia sempre lo stesso. Questo però non significa che il numero dei posti di lavoro rimanga invariato. Dalla FIOM spiegano che non solo alcune aziende, una volta chiuse, riaprono con un nuovo nome ma lo fanno con un organico ridotto.
Questa crisi inoltre sta influenzando l'attitudine di chi, da dipendente, decide di mettersi in proprio aprendo una partita IVA. «Alcuni dipendenti della Dierre e di altre aziende astigiane hanno utilizzato la mobilità o la propria liquidazione per mettersi in proprio -? spiega Seck -? aprendo bar o piccole imprese». E' il tentativo di chi, rimasto senza impiego e con un mercato del lavoro ormai congestionato, decide di reinventarsi. Lo stesso, segnala la FIOM, lo fanno i lavoratori stranieri (soprattutto Nord Africani e del Sud America) che una volta licenziati dalle fabbriche decidono di usare i propri risparmi per aprire nuove attività nei paesi d'origine. Anche se non è tutto oro quello che luccica. «Purtroppo alcune di queste attività non vanno a buon fine e dopo due o tre mesi chiudono ?- chiarisce amaro Mamadou Seck -? alle volte manca l'esperienza o la capacità imprenditoriale. Conosciamo però ex dipendenti che hanno aperto piccole attività come cooperative di pulizie e che al momento ce la stanno facendo».
Lucia Pignari