In piazza sindacalisti e associazioni di categoria
Sono scesi in piazza Alfieri, lunedì mattina, per protestare contro «i ritardi intollerabili» nella liquidazione del trattamento di cassa integrazione agli addetti del settore artigiano.
Parliamo dei sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil che, insieme a vertici e dirigenti delle associazioni di categoria CNA e Confartigianato, hanno dato vita ad un presidio per rimarcare come il ritardo sia dovuto al mancato trasferimento, da parte dello Stato, delle risorse indirizzate al Fondo di Solidarietà Bilaterale per I’Artigianato, l’unico strumento di sostegno al reddito ai dipendenti delle imprese artigiane che hanno ridotto o sospeso la loro attività lavorativa a causa dell’emergenza sanitaria.
Il risultato è che, in provincia di Asti, ci sono 3mila dipendenti del comparto che attendono ancora la cassa integrazione di aprile.
La questione
Per capire cosa è successo bisogna fare un salto indietro.
Lo scorso marzo il Fondo – nato per sopperire alla mancanza di ammortizzatori sociali nel comparto dell’artigianato – è riuscito a pagare la cassa integrazione ai lavoratori per quanto riguarda l’ultima settimana di febbraio e il mese di marzo.
Tuttavia, essendo finanziato dai contributi di imprese e lavoratori e “tarato” su situazioni ordinarie, era logico che non sarebbe stato in grado di reggere l’impennata di richieste a causa del Coronavirus. Per questo il Governo, con il Decreto Legge Rilancio e ripetuti annunci, ha promesso fondi a questo scopo che, però, non sono arrivati, ad eccezione di un piccolo acconto ad inizio luglio. Tanto da non dare la possibilità alle associazioni di categoria di pagare, appunto, la cassa integrazione di aprile (venti giorni), maggio e giugno.
Le reazioni
Sconfortato dalla situazione Giansecondo Bossi, direttore provinciale di Confartigianato.
«Ai primi di luglio – ha spiegato – sembrava che fosse arrivata la svolta, dato che era stata assegnata una prima tranche di risorse. Peccato che sia rimasta l’unica, sufficiente per pagare solo i primi dieci giorni di aprile. Per saldare tutto l’arretrato (20 giorni di aprile, maggio) solo il Piemonte attende circa 40 milioni di euro, cui si devono aggiungere le risorse relative a giugno. Ora sembra che, in concomitanza con le manifestazioni di protesta che sono state organizzate, il Ministero abbia messo a disposizione un altro acconto. Speriamo che sia l’ultima volta e che si dia il via, finalmente, al trasferimento delle risorse necessarie. I lavoratori artigiani non possono più aspettare».
A sottolineare la difficoltà in cui si trovano le associazioni di categoria anche Stefania Gagliano, direttrice provinciale CNA. «La situazione in cui ci troviamo – ha ricordato – è dovuta al fatto che è stato imposto, a livello centrale, che dovessero entrare nel Fondo anche le imprese che non ne avevano mai fatto parte e che, quindi, non hanno mai versato contributi. Quindi in questo periodo non solo dobbiamo far fronte alle rimostranze dei lavoratori, nonostante non ne abbiamo alcuna colpa, ma anche a quelle degli associati che si trovano penalizzati alla pari di quelli che non hanno mai contribuito al Fondo».
Preoccupato per la situazione del settore anche Stefano Calella, segretario generale aggiunto Cisl Alessandria Asti. «E’ assurdo che ci si trovi in una situazione di questo tipo – ha affermato – in un momento in cui stiamo chiedendo ulteriori settimane di cassa integrazione, insieme al blocco dei licenziamenti, per tenere legate, ancora nei prossimi mesi, le persone al contesto produttivo».
A parlare non di un ritardo nel trasferimento delle risorse, ma di una scelta precisa da parte del Governo, Silvano Uppo (Uil): «La mia impressione – ha affermato – è che lo Stato abbia aspettato il “fiscal day” di oggi per sfruttare la liquidità proveniente da numerose tasse in scadenza e redistribuirla. Così facendo, però, ha penalizzato un comparto già debole, in cui assistiamo al paradosso che i titolari delle ditte hanno ricevuto il bonus da 600 euro mentre i dipendenti attendono ancora la cassa integrazione. Parliamo di liquidità fondamentale per i bilanci di quelle famiglie, perché la maggior parte dei lavoratori era in cassa integrazione a zero ore. Certo, alcuni titolari magari sono riusciti ad andare incontro, anche solo parzialmente, ai problemi dei loro dipendenti, ma la grande maggioranza non ne ha avuto la possibilità».
Nel corso del presidio, cui ha portato il proprio sostegno anche il sindaco Maurizio Rasero, una delegazione di manifestanti è stata accolta in Prefettura, dove ha illustrato al Prefetto Alfonso Terribile, al viceprefetto vicario Raffaele Sirico e al Capo di Gabinetto Lara Maria Quattrone le ragioni della manifestazione. «La Prefettura – ha commentato al termine dell’incontro Calella – si è dimostrata molto attenta e ha voluto conoscere in modo approfondito la questione».