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Economia
Lavoro

Cassa integrazione, nell’Astigiano crescita del 222% rispetto al periodo pre-pandemia

E’ la provincia caratterizzata dall’aumento più alto in Piemonte, in base ai dati del Servizio lavoro, coesione e territorio della Uil

Nel 2022 la provincia di Asti ha registrato un aumento del 222,3%, rispetto al 2019, per quanto riguarda la cassa integrazione.
Sono i dati del Servizio lavoro, coesione e territorio della Uil nazionale, relativi a tutto il Piemonte. A livello regionale, nel raffronto tra il 2022 e l’analogo periodo del 2019, antecedente lo scoppio della pandemia, sono state richieste 42.086.302 ore di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria e in deroga), in aumento del 29,6% e 8.290.577 ore dei fondi di solidarietà gestiti dall’Inps (che coprono i lavoratori privi di strumenti di sostegno al reddito), in crescita del 1.151,8%. Complessivamente, quindi, sono state utilizzate 50.376.879 ore di ammortizzatori sociali (+52,1%).
A livello nazionale sono state autorizzate 594.505.378 ore, con un incremento del 115,2%.
Il Piemonte è la quarta regione per utilizzo di ammortizzatori sociali, dopo Lombardia, Lazio e Veneto.

I dati provinciali

Le province piemontesi, considerando solo le ore di cassa integrazione, hanno fatto registrare il seguente andamento: Asti +222,3%, Cuneo +157,3%, Alessandria +53,4%, Biella +32,6%, Torino +18,6%, Verbania +13,7%, Novara +3,2, Vercelli -13,2%.
Torino, con 27.197.631 ore, è la terza provincia per utilizzo di cassa integrazione in Italia, dopo Roma e Milano.

Il commento del segretario Gianni Cortese

A commentare i dati il segretario regionale Gianni Cortese. “Il rapporto sintetico sul 2022 e il raffronto con gli anni precedenti – afferma – evidenziano l’utilizzo eccezionale di ammortizzatori sociali negli anni 2020 e 2021. Per valutare il ritorno alla normalità preferiamo, pertanto, confrontare l’anno appena trascorso con il 2019 ante Covid. I dati confermano le difficoltà della nostra regione e fanno aumentare le preoccupazioni, in particolare se associati all’aumento della precarietà e della povertà, perché si tratta di fattori che minano il tessuto sociale e aumentano le disuguaglianze”.
“Per invertire il trend – continua – bisognerebbe utilizzare efficacemente i fondi del PNRR e quelli del settennato europeo, parzialmente erosi dall’inflazione derivante dall’aumento dei costi di beni e servizi. Un effetto moltiplicatore degli investimenti sarebbe possibile con una sapiente regia politica delle istituzioni e con il coinvolgimento vero delle forze sociali e degli stakeholders dei territori”.

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