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Economia

Comdata chiede la “cassa” per 400 addetti

Da oggi via libera alla FIS con il 20% di decurtazione dello stipendio. Accordo siglato ieri con i sindacati per superare un momento di difficoltà

Clima teso alla Comdata di via Guerra ad Asti. L’azienda di telecomunicazioni di call center che conta 650 dipendenti ha infatti annunciato di voler chiedere la FIS, una sorta di cassa integrazione prevista per il settore terziario. L’accordo tra parte aziendale e i delegati sindacali di CGIL, CISL e UIL è stato raggiunto lunedì sera (ieri) dopo cinque lunghe ore di trattativa. E’ stato stabilito che per far fronte al calo dei volumi di lavoro, la FIS entrerà in vigore a partire da oggi (martedì) e per le prossime 13 settimane, fino cioè al prossimo 3 dicembre.

L’ammortizzatore sociale interesserà a turno 383 dipendenti coinvolti nelle commesse ENI Credito, GED ed Edison. Ogni settimana 80 dipendenti saranno quindi a casa e per ogni giorno di FIS sarà decurtato circa il 20% della retribuzione. Una decurtazione che andrà a pesare soprattutto per le tasche dei dipendenti part-time.

«Come sindacato ci siamo battuti affinché la ripartizione delle ore di FIS avvenisse in modo equo sulla base di un principio di turnazione in modo che a sostenere il peso della cassa integrazione non fossero sempre le stesse persone – spiega Gaspare Bongiovanni RSU della SLC CGIL – ovviamente come sindacato vigileremo che l’azienda mantenga fede ai patti».

Dall’accordo emerge anche l’impegno di Comdata di anticipare gli assegni della FIS che saranno poi coperti dall’INPS, in modo tale da agevolare per quanto possibile i dipendenti nell’evitare possibili ritardi di pagamento. Inoltre, l’azienda si è impegnata a definire nel corso di questo periodo un piano di formazione e riqualificazione dei propri dipendenti.

«Con questo accordo sarà per esempio possibile formare quei dipendenti che normalmente non utilizzano il pc con nozioni di informatica» spiegano i sindacati. Tra le richieste invece che i sindacati si sono visti rifiutare, la proposta di veder coperto da parte dell’azienda il 20% di decurtazione attraverso l’impegno del dipendente in corsi di formazione e aggiornamento. «Non possiamo dirci completamente soddisfatti – chiosa Bongiovanni – sappiamo però di aver fatto il possibile per salvaguardare i posti di lavoro».

Quanto alle prospettive future, l’azienda avrebbe rinnovato e confermato l’interesse a mantenere il sito produttivo su Asti e a lavorare per implementare il numero di commesse.

I sindacati nel complesso guardano dunque al bicchiere mezzo pieno: ««è vero che la FIS sia una sorta di cassa integrazione comunque la situazione non è così tragica come possa sembrare. La FIS non è stata chiesta per crisi ma a causa di un calo dei volumi produttivi. Si ricorre a questo strumento per superare un momento di difficoltà che, speriamo, possa durare il meno possibile». Resta la preoccupazione dei dipendenti e l’amarezza di coloro che saranno interessati dal provvedimento.

Per tutti l’auspicio è che il numero delle commesse in entrata torni ad un livello soddisfacente che consenta il ritiro degli ammortizzatori sociali.

Lucia Pignari

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