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Cottarelli: “L’Italia dovrà crescere superando i livelli del 2019”

Il noto economista, ospite dell’Unione industriale, ha spiegato la crisi produttiva subita dal Paese e le prospettive di crescita basate sul PNRR

«L’Italia non dovrà solo tornare ai livelli pre pandemia, ma crescere in modo più sostenuto grazie al PNRR. Non bisogna dimenticare, infatti, che il 2019 ha concluso il peggior ventennio della storia economica italiana».
Sono le parole del noto economista Carlo Cottarelli – ex direttore del Fondo Monetario Internazionale e già Commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica dello Stato italiano – ospite nei giorni scorsi ad Asti. E’ stato infatti il relatore d’eccezione della conferenza “Riforme per la crescita”, organizzata dall’Unione industriale nel cortile di Palazzo Ottolenghi, dove sta curando, nell’ambito della Douja d’Or, la rassegna dei Vermouth e dei vini aromatizzati.

La crisi del 2020

Di fronte ad un pubblico attento, Cottarelli ha illustrato la situazione economica italiana attuale e le opportunità legate al Recovery Plan e al collegato PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) del Governo Draghi.
«La crisi economica verificatasi nel 2020 – ha esordito – è stata determinata dalla pandemia e dalle collegate chiusure. Se non si produce, il Pil (appunto il Prodotto interno lordo) cade. Ne è nata una crisi sanitaria e produttiva, ma non finanziaria. La crisi finanziaria accade quando lo Stato non riesce a finanziarsi perché pochi comprano i titoli di Stato e lo fanno a tassi di interesse sempre più alti. A dire il vero l’Italia si stava avviando verso questo pericolo, ma poi è intervenuta la Banca Centrale Europea. Dopo i tentennamenti iniziali, ha avviato un programma di sostegno per i Paesi dell’area Euro effettuando massicci acquisti di titoli di Stato. Un provvedimento decisamente importante».

L’intervento della BCE

Per quanto riguarda l’Italia, la BCE ha comprato titoli di Stato per 170 miliardi, cui si sono aggiunti altri 20 miliardi dall’Unione europea per finanziare la cassa integrazione. Quindi un totale di 190 miliardi messi a disposizione dalle Istituzioni europee. «Grazie a questo sostegno stiamo uscendo dalla crisi più rapidamente del previsto. Basti pensare che le previsioni di crescita del Pil per quest’anno erano pari a + 4,5%, ma ora stiamo viaggiando verso il + 6%. Se non ci saranno imprevisti (ovvero il ritorno delle chiusure) all’inizio del 2022 dovremmo aver recuperato il livello di produzione del IV trimestre 2019, antecedente all’emergenza sanitaria».

Il Recovery Plan e il PNRR

Un traguardo che, però, non basterà. «Tornare al livello di reddito del 2019 – ha evidenziato – sarà insufficiente. Il 2019, infatti, ha concluso il peggior ventennio della storia economica italiana. Detto semplificando, è stata la prima volta in cui i figli non sono stati meglio dei genitori, in quanto nel 2019 il reddito era lo stesso del 1999. Ovvero, crescita zero, a differenza degli altri Paesi dell’Unione europea.
Risultato: tutta l’Italia si è impoverita e in dieci anni 250mila giovani hanno lasciato il nostro Paese, che è stato colpito dalla crisi economica globale del 2008 e dalla crisi dell’Euro nel 2012. Quindi non si può tornare a quei livelli. Fortunatamente si è creato un meccanismo in Europa per dare ai Paesi in difficoltà uno strumento che dovrebbe portarli ad una crescita più ampia, il cosiddetto Recovery Plan.
L’Unione europea ha messo a disposizione 750 miliardi, distribuiti ai diversi Paesi considerando il livello di sofferenza subito a causa della pandemia. All’Italia sono stati assegnati 200 miliardi sulla base del Piano presentato all’Unione europea, il cosiddetto PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Un piano che, secondo me, è buono. Correttamente individua come problema principale la crescita, a differenza del piano pensato dall’ex premier Conte, secondo cui il problema principale dell’Italia era rappresentato dalle diseguaglianze. Il piano Draghi evidenzia la bassa crescita della popolazione e della forza lavoro a causa della crisi demografica, per cui la produzione potrà aumentare (e quindi portare alla crescita) solo se aumenterà la produttività, ovvero quanto si produce in un lasso di tempo. Il trucco, è quindi, far aumentare la produttività, stagnante negli ultimi 20 anni. Come? Aumentando gli investimenti e il capitale (fisico e umano) a disposizione dei lavoratori. Tradotto, promuovere investimenti pubblici (per esempio in digitalizzazione e infrastrutture), privati (creare le condizioni per invogliare le imprese ad investire, con riforme che vadano nella direzione di contrastare l’eccessiva burocrazia e la lentezza della giustizia). Infine, effettuare investimenti nelle università e in formazione».

La riuscita del Piano

Secondo Cottarelli la riuscita del Piano, su cui si è detto né ottimista né pessimista, sarà legata a due principali condizioni. Innanzitutto la durata del Governo, dato che il premier Mario Draghi potrebbe diventare il prossimo Presidente della Repubblica, elezione che dal suo punto di vista farebbe cadere la coalizione di governo. Quindi la volontà politica di attuare il programma. «Sarà fondamentale effettuare le riforme – ha ribadito – nell’interesse del Paese. Anche perché, come indica la seconda R del PNRR, che sta per resilienza, obiettivo dell’Unione Europea è anche rendere gli Stati in grado di sostenere autonomamente, in futuro, uno shock economico, senza più aiuti».

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