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Dolci astigiani, salgono le esportazioni
Economia

Dolci astigiani, salgono le esportazioni

I dolci made in Italy sono volati nel mondo per imbandire le tavole europee, russe e americane. Tra panettoni, pandoro, cioccolato e altre prelibate dolcezze nel 2014 sono stati esportati prodotti per

I dolci made in Italy sono volati nel mondo per imbandire le tavole europee, russe e americane. Tra panettoni, pandoro, cioccolato e altre prelibate dolcezze nel 2014 sono stati esportati prodotti per un valore di 279,7 milioni di euro. Secondo i dati Istat analizzati da Confartigianato, un vero e proprio boom per i dolci italiani è stato registrato in Russia (con un aumento del 35,8% rispetto allo scorso anno e una spesa pari a 16 milioni di euro), Polonia (+24,8%) e Regno Unito (+19,5%). I più golosi di dolci italiani sono i francesi, che hanno speso ben 77,1 milioni di euro in torte, panettoni, pasticceria e biscotteria. A seguire Germania (40,7 milioni) e Regno Unito. Sesti gli Stati Uniti.

Buone anche le esportazioni astigiane, dove non mancano aziende dolciarie storiche. Tra le più importanti per tradizione e volumi di produzione, fatturato e dipendenti, Biagio Riccio, presidente Confartigianato Asti, ricorda la Effepi di Serravalle, specializzata in dolci e gelati artigianali, la pasticceria di Asti Quality Food con sede a San Damiano, la pasticceria e gelateria Giamello di Vesime, il torrone e la cioccolateria di Barbero di Asti. «Prodotti di altissima qualità e capacità imprenditoriale hanno permesso a queste aziende dell'eccellenza dolciaria astigiana di piazzarsi molto bene sui mercati esteri, soprattutto europei, verso i quali posso ipotizzare sia indirizzato un buon 25% della produzione. Asti Quality Food, solo per fare un esempio, esporta i suoi prodotti in tutta Europa, dalla Scandinavia alla Grecia. Più difficili restano invece i mercati del continente asiatico sia per l'ottenimento dei certificati indispensabili all'esportazione sia per le differenze di gusto e abitudine alimentari. Per dare invece un dato più generico sull'agroalimentare -? prosegue Riccio – le imprese astigiane che operano in questo settore sono almeno 400 con migliaia di dipendenti, alle quali si aggiungono una miriade di micro produttori di miele, confetture, conserve e altri prodotti di natura più casalinga che escono dalle cucine e dai laboratori dagli agriturismi. Certo non si parla in questo caso di grandi numeri, ma resta comunque una produzione interessante, anche per il suo ricollegarsi al settore turistico».

I dolci natalizi, continua il report di Confartigianato, rappresentano però solo la punta di diamante delle esportazioni di prodotti alimentari made in Italy che nel 2014 hanno registrato un + 2,9% anche grazie a 261 marchi di qualità riconosciuti alle specialità alimentari di casa nostra, ma non è ancora sufficiente. «Il made in Italy non è assolutamente tutelato dai nostri governanti» dichiara amaro Riccio, che in tema export esorta: «Proviamo a farla sul serio. Le aziende esportatrici abituali in Italia sono 72 mila e il 90% di queste non raggiunge i 100 mila euro. Sarebbe interessante capire al fine dell'export del made in Italy a cosa siano serviti feste e viaggi premio e che fine abbiano fatto tutti i soldi spesi per un'internazionalizzazione che non si è mai verificata. A fronte dell'enorme potenzialità dell'agroalimentare italiano è evidente che mancano gli strumenti basilari ed essenziali per accompagnare un'azienda verso l'estero».

Marzia Barosso

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