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Economia

Franco La Rocca: «Gli imprenditori
che vogliono investire su Asti ci sono»

«Ai miei occhi Asti è una città in stand by. Ma la sferzata si può ancora dare, in quanto imprenditori che hanno voglia di investire sul territorio ci sono. Il problema è che bisogna andarli a

«Ai miei occhi Asti è una città in stand by. Ma la sferzata si può ancora dare, in quanto imprenditori che hanno voglia di investire sul territorio ci sono. Il problema è che bisogna andarli a cercare».
Parola di Franco La Rocca, dirigente comunale allo Sportello unico per le attività produttive da alcune settimane in pensione. Entrato in Comune nel 1975 (dopo alcuni anni di insegnamento), come addetto stampa dell'allora sindaco Guglielmo Berzano, La Rocca ha lavoratori in numerosi settori dell'Amministrazione comunale.

In quali assessorati è stato impegnato?
«Fino al 1993 ho lavorato all'assessorato all'Urbanistica, svolgendo al contempo il ruolo di capo di gabinetto per alcuni sindaci. Successivamente, nel 1990, sono diventato dirigente, prima all'Urbanistica, poi al settore Manifestazioni e turismo, quindi ai Lavori pubblici e poi, dal 2004 fino poche settimane fa, al Commercio (Sportello unico per le attività economiche e Attività produttive) e all'Ambiente (dal maggio 2010). Ho seguito otto sindaci, oltre 15 assessori e firmato migliaia di atti: il Comune mi ha chiesto tanto ma mi ha dato tanto, consentendomi di conoscere migliaia di persone e dandomi l'opportunità di risolvere parte dei problemi della città».

Quale il suo settore preferito?
«E' stato interessante muovere i primi passi all'Urbanistica con l'assessore Giorgio Platone, maestro di vita ed educatore, in un periodo in cui l'urbanistica era ancora confusa con l'edilizia. Ma il settore più bello è stato sicuramente l'ultimo, quello dello Sportello unico per le attività economiche, creato dall'ex ministro Bassanini nel 1998 per evitare il "pellegrinaggio" verso Enti diversi da parte dei cittadini che volevano aprire un'attività. L'obiettivo, infatti, era assegnare ai Comuni l'"ultima parola" in merito a concessioni e permessi edilizi per le attività produttive. In sostanza, era nata una "rete" tra il Comune e gli altri Enti coinvolti dal processo, in modo da velocizzare la risoluzione dei problemi. Tanto che colgo questa occasione per ringraziare Amministrazioni, associazioni e personale interno che mi hanno consentito di lavorare bene».
Negli ultimi anni ha percepito, dal suo osservatorio privilegiato, la crisi economica in atto?
«Sì, in quanto ho notato una minore richiesta di aperture e interventi da parte di imprenditori. E, al contempo, ho continuato a notare, tra chi ancora vuole avviare un'attività produttiva, una difficoltà a portare a termine il progetto perché, a parte la creazione dello Sportello unico, lo Stato ha semplificato poco le leggi in questo settore, caratterizzato da una normativa molto complicata che allunga i tempi».

Ritiene che la crisi abbia determinato un saldo negativo tra aperture e chiusure di negozi in città?
«Non in modo significativo. Penso che le chiusure si siano concentrate soprattutto nel centro città perché, in questa zona di maggior passaggio, sono richiesti ai commercianti affitti troppo alti, nonostante il Comune abbia avanzato alcune proposte di convenzione per calmierare i prezzi che non sono state recepite. Parliamo di costi cui, spesso, solo le "grandi insegne" riescono a far fronte, per cui nelle vie del centro sono numerosi catene e negozi in franchising a scapito del piccolo commercio tradizionale a conduzione familiare, dove spesso i titolari che vanno in pensione abbandonano l'attività perché i figli non subentrano. E poi ho notato un altro fenomeno».
Quale?
«Complice la crisi economica molte persone, che hanno perso il lavoro o sono comunque in difficoltà, decidono di aprire un'attività commerciale, soprattutto bar e locali di somministrazione, che dal 2008 non necessitano più di licenza. Credono di riuscire subito a fare affari ma, purtroppo, molto spesso non è così, e dopo poco tempo sono costretti a chiudere».

Di cosa ha bisogno Asti dal punto di vista commerciale?
«Ha bisogno di più coraggio. Secondo me sarebbe utile, a questo proposito, impiantare un ufficio trasversale, composto da rappresentanti dei vari partiti politici in modo che possa sopravvivere alle varie Amministrazioni che si susseguono. Un ufficio incaricato di grandi progetti e grandi investimenti, dato che, quanto si parla di iniziative di ampio respiro, imprenditori interessati ad investire ci sono ancora. E poi c'è bisogno di qualcuno che decida su progetti ancora bloccati: tra questi l'Agrivillage (outlet dedicato ai prodotti tipici del territorio che dovrebbe nascere in Val Rilate, ndr) e la Porta del Monferrato (maxi polo commerciale in corso Alessandria nei pressi del casello Asti Est, ndr). Sarebbero veramente molti i benefici tra nuovi posti di lavoro e indotto. Non si tratta di stravolgere la città, ma di aprirsi a chi vuole investire come fanno altri Comuni italiani di dimensioni simili al nostro».
Riguardo alle grandi superfici commerciali sono previsti nuovi progetti?
«No, in quanto la grande superficie al Torrazzo di cui si parlava negli anni scorsi è stata eliminata, mentre per quanto riguarda la riqualificazione dell'ex mercato ortrofrutticolo di piazza Saragat sono già partiti i lavori».

Elisa Ferrando

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