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Economia

Gli ex dipendenti rilevano l’azienda
e il salumificio Nebiolo riparte

E' una storia che unisce coraggio e dedizione al lavoro quella che porterà, lunedì 8 settembre, all'inaugurazione del Salumificio astigiano, che nascerà dalle "ceneri" del noto Salumificio Nebiolo di corso Casale. Protagonisti cinque soci, quasi tutti ex dipendenti dell'azienda artigianale, che hanno deciso di far ripartire l'attività cessata alla fine del 2013. Tra loro Giuseppe Virelli, che del salumificio sarà l'amministratore, cui abbiamo posto alcune domande…

E' una storia che unisce coraggio e dedizione al lavoro quella che porterà, lunedì 8 settembre, all'inaugurazione del Salumificio astigiano, che nascerà dalle "ceneri" del noto Salumificio Nebiolo di corso Casale. Protagonisti cinque soci, quasi tutti ex dipendenti dell'azienda artigianale, che hanno deciso di far ripartire l'attività cessata alla fine del 2013. Tra loro Giuseppe Virelli, che del salumificio sarà l'amministratore, cui abbiamo posto alcune domande.

Sig. Virelli, come mai questa decisione?
«Alla fine dello scorso anno sono stato contattato, insieme ad alcuni ex colleghi, da Giancarlo Nebiolo (figlio di Delio, fondatore del salumificio nel 1962), padrone dell'attività che aveva contribuito a far espandere per poi lasciare nel 1999, dato che i figli non avrebbero proseguito sulle sue orme. Di gestioni se ne sono poi avvicendate due (una delle quali mi aveva visto coinvolto) che poi però sono terminate, per cui l'attività si è conclusa alla fine dell'anno scorso. In quell'occasione Giancarlo ci ha proposto di riportare il salumificio "in vita", garantendoci diverse agevolazioni in qualità di proprietario dei locali».

Come mai avete accettato?
«Riteniamo che questa attività artigianale abbia grandi potenzialità, grazie alla fama che si è costruita nel tempo, non solo nell'Astigiano ma in tutto il Nord Ovest, e che possa ancora avere successo grazie alla genuinità dei suoi prodotti e alla loro tipicità (non dimentichiamo che utilizzeremo le ricette del Salumificio Nebiolo). Oltre al fatto che concretizza al meglio la formula "dal produttore al consumatore", molto apprezzata in questo periodo».

La società da chi sarà formata?
«Oltre a me, ci saranno Rino Sotero, che ha lavorato nel salumificio dal 1979 fino alla fine dell'attività; Paolo Borrelli e Alex Allegri, dipendenti rispettivamente dal 1980 e dal 2000, da cui successivamente si sono distaccati per gestire in società la macelleria del Penny Market; e Matteo Veneto, il giovane del gruppo, che non ha mai lavorato nel salumificio ma ha comunque esperienza nel settore carni. La società si chiamerà "Salumificio astigiano" e potrà fregiarsi del simbolo della città di Asti».

Quando ha lasciato il salumificio e quale lavoro ha svolto successivamente?
«Ho lasciato nel 1997, per poi tornare dal 1999 al 2004 quando mi sono occupato della parte commerciale della nuova gestione, dopodiché me ne sono andato definitivamente e ho aperto un'attività di ingrosso di salumi in corso Volta».

Assumerete dei dipendenti?
«Per ora solo due: Sara Petrini, che si occuperà di contabilità, e Daniela Cirdei, che lavorerà come commessa nello spaccio aziendale, che si affaccia su corso Casale, in cui venderemo al pubblico. La speranza è poi quella di assumere anche altre persone, ma prima dobbiamo rimboccarci le maniche noi, dato che per avviare l'attività abbiamo investito e dobbiamo prima ripianare i debiti».

Avete dovuto eseguire lavori importanti nei locali?
«Abbiamo dovuto pulire e sistemare l'edificio (noi sfrutteremo inizialmente 950 mq dei 2mila a disposizione) e comprare tutti i macchinari, perché qui non era presente nemmeno più un coltello».

Cosa produrrete, nello specifico, e per quale clientela?
«Produrremo in proprio salame cotto, salsiccia, tutta la gamma del salame crudo, il lardo e i cotechini, mentre per tutti gli altri salumi e per la carne (che venderemo al dettaglio nello spaccio) ci appoggeremo ad altri salumifici e produttori del territorio, creando una sinergia che, in questo periodo di crisi, diventa utile e proficua per tutti».

Qual è il vostro obiettivo iniziale a livello di fatturato?
«Arrivare ad 1 milione di euro, per poi crescere progressivamente in seguito sfruttando la rete di clienti che ci siamo costruiti e mantenuti in questi ultimi anni, dato che abbiamo sempre lavorato in questo campo».

Chi saranno i vostri clienti?
«Negozianti, grossisti, gestori di ristoranti e pizzerie, Pro loco, oltre alla gente che verrà allo spaccio aziendale, che funzionerà non solo da salumificio ma anche da macelleria».

E' stato complicato avviare la nuova società?
«La burocrazia richiesta è veramente eccessiva, tanto che, su una settimana, dovrei dedicare tre giorni solo ad assolvere agli obblighi ad essa legati. Sono stato favorevolmente stupito, invece, dal rapporto sia con due banche del territorio, che ci hanno dato fiducia, sia con gli Enti pubblici. Ho notato infatti molto interesse da parte del Comune, così come un'elevata velocità, da parte di Regione e Asl, nel concedere permessi e autorizzazioni».

Lei ha più volte accennato alla fama del Salumificio Nebiolo, soprattutto legata alla crescita degli anni Ottanta e Novanta. Da ex dipendente cosa ricorda di quel periodo?
«Il modo di lavorare e il contesto in cui lo si faceva erano totalmente diversi rispetto ad ora. Nel 1981, quando ho cominciato a lavorare, avevo 15 anni. Ero stato notato da Giancarlo Nebiolo nel salone del barbiere presso cui ero lavorante, e di cui lui era cliente. Siccome aveva visto che ero sveglio, mi aveva proposto di andare a lavorare da lui. Giovane com'ero, la prima cosa che gli ho chiesto era l'ammontare dello stipendio. E avendo saputo che era molto più alto della media, ho subito accettato, suscitando al contempo euforia ed entusiasmo nella mia famiglia. Non nascondo che il lavoro era parecchio e faticoso. Pensi che lo spaccio aziendale apriva alle sei del mattino, quando fuori dalla porta c'era già la fila dei negozianti dei paesi intorno ad Asti che venivano a rifornirsi: alle cinque andavano al mercato ortofrutticolo di corso Venezia, e dopo passavano da noi prima di andare ad aprire i loro negozi. Se pensiamo che c'erano tre ? quattro negozi di commestibile per paese, i conti sono presto fatti. E poi, oltre al numero, c'erano i volumi: compravano tanto perché a loro volta vendevano parecchio. Senza contare ciò che si vendeva all'ingrosso. Basti pensare che negli anni Novanta cuocevamo dai 500 ai 700 prosciutti in 24 ore. Insomma, gli affari andavano bene, anche perché l'economia tirava. Ora è tutto cambiato, ma noi confidiamo nella nostra rete di clienti e nelle potenzialità che questo marchio cela».

Elisa Ferrando

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