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Konecta, lunedì 22 dicembre il primo incontro ufficiale con l’azienda

Dopo l’annuncio di voler accorpare le tre sedi piemontesi a Torino, chiudendo quelle di Asti e Torino – Revel (Slc Cgil): “Ci presenteremo compatti per difendere i tre siti e i posti di lavoro”

E’ in programma lunedì 22 dicembre ad Ivrea, nella sede di Confindustria, l’incontro per discutere sul futuro di Konecta a livello piemontese.
Un confronto che si è reso necessario dopo l’annuncio dell’azienda – che si occupa di gestione clienti (call center) – di voler accorpare nel capoluogo regionale le tre sedi presenti in Piemonte (Asti, Ivrea e Torino) a partire dal giugno 2026, comportando di fatto la chiusura dei siti astigiano ed eporediese. Come emerso in occasione dell’incontro on line, svoltosi venerdì 5 dicembre, durante cui ha presentato il piano industriale 2026 alle organizzazioni sindacali.
Come ovvio, la notizia ha suscitato molta preoccupazione tra i 400 dipendenti dell’azienda con sede in via Guerra (ex Comdata) e i colleghi di Ivrea. Accomunati dallo stesso destino, i territori di Asti e Ivrea stanno quindi facendo fronte comune.
«Il 22 dicembre – spiega Carmela Pagnotta, Rsu Slc Cgil – si terrà un incontro cui prenderanno parte l’azienda, le segreterie regionali di categoria (Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil) e le Rsu delle sedi di Asti, Torino e Ivrea».
«Si tratta del primo incontro ufficiale dopo l’annuncio dell’azienda di voler accorpare le sedi – aggiunge Marco Perello, Rsu Uilcom Uil – e si inserisce nell’ambito della procedura di raffreddamento avviata mercoledì 10 dicembre dai sindacati di categoria, nell’ambito della quale stiamo pensando anche ad altre iniziative, tra cui lo sciopero, che comunque si svolgerebbe dopo l’Epifania». «Come sindacati – assicura Alberto Revel, segretario regionale Slc Cgil – ci presenteremo uniti e compatti per l’inizio, di fatto, della trattativa, con un unico scopo: mantenere i livelli occupazionali attuali e i tre siti piemontesi». Sulla stessa lunghezza d’onda Michela Gullo, Rsu Fistel Cisl. «Questo non è un piano di ristrutturazione, ma un piano di distruzione, e come tale va contrastato. Come dipendenti finora siamo stati molto disponibili, basti pensare che dallo scorso luglio sono in vigore i contratti di solidarietà, ma questo trasferimento che non può essere sostenuto costringerà le persone a licenziarsi. La maggior parte degli addetti sono donne e mamme, senza considerare i part time: il tempo o il costo (oppure entrambi) dovuto al pendolarismo non potrà essere affrontato».
Intanto giovedì 18 dicembre, nelle sedi di Asti e Ivrea, si terranno le assemblee con i lavoratori per discutere della questione.

L’incontro con il sindaco Rasero

Questione ha visto intervenire anche il sindaco e Presidente della Provincia Maurizio Rasero, che mercoledì scorso ha convocato i segretari confederali territoriali di Cgil, Cisl e Uil, rispettivamente Luca Quagliotti, Stefano Calella (segretario aggiunto) e Armando Dagna. Un incontro sul cui esito ha riferito anche in Consiglio comunale, durante cui ha manifestato la sua elevata preoccupazione: «Ho preso contatti con il sindaco di Ivrea e ho offerto ampia disponibilità mia e di tutto il Consiglio comunale per affrontare la situazione. Anche con i sindacati abbiamo condiviso la necessità di portare la problematica a un livello politico più alto, chiedendo urgentemente un incontro con il Presidente della Regione Alberto Cirio».
Contro la chiusura della sede astigiana di Konecta si sta mobilitando anche la politica. Dopo gli interventi “della prima ora” da parte di Pd (circolo cittadino e provinciale, oltre al consigliere regionale Fabio Isnardi) e gruppo consiliare Uniti si può, si sono susseguiti numerosi altri interventi.

L’intervento di Rifondazione comunista

Il Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea del Piemonte esprime la sua più ferma condanna per la decisione comunicata da Konecta.
«La chiusura delle sedi e la conseguente proposta di trasferimento a Torino equivalgono, di fatto, a un licenziamento di massa mascherato», dichiara Cadigia Perini, segretaria del Circolo di Rifondazione Comunista di Ivrea. «È evidente che la maggior parte dei lavoratori, specialmente le donne sempre gravate di maggiori carichi familiari, e considerando l’aumento dei costi di viaggio, a fronte di stipendi molto bassi, non sarà in grado di accettare il trasferimento, venendo così obbligata a lasciare l’azienda».
«Questa scelta, totalmente inaccettabile – dichiara Gianmarco Coppo segretario della Federazione Prc di Asti – è destinata ad avere un impatto devastante sul territorio e, soprattutto, sulle vite di centinaia di lavoratori e delle loro famiglie, costretti ora a subire l’ennesimo diktat liberista che mette il profitto al di sopra di ogni considerazione sociale ed umana».
Secondo il partito, serve quindi un intervento immediato e risolutivo per aprire immediatamente un tavolo di crisi che includa l’azienda, le organizzazioni sindacali e le istituzioni, con l’obiettivo primario di mantenere l’occupazione in loco.

L’interrogazione di Alleanza Verdi Sinistra

Una interrogazione in Regione è stata poi depositata da Alice Ravinale, presidente del Gruppo consiliare regionale Alleanza Verdi Sinistra. Tra i vari punti, sottolinea che si tratta «dell’ennesimo colpo per il tessuto socio-economico di due territori già provati da precedenti crisi industriali». Per poi chiedere alla Giunta regionale «di attivarsi urgentemente per salvaguardare i lavoratori coinvolti e attivare un confronto con l’azienda, al fine di scongiurare un ulteriore indebolimento del sistema produttivo piemontese».

L’interrogazione depositata dall’on. Giaccone

Ad intervenire, infine, la Lega. Mentre il segretario cittadino del partito, Mauro Serena, esprime «solidarietà ai lavoratori del gruppo Konecta», ribadendo che «l’ipotesi dell’accorpamento va scongiurata», il deputato astigiano Andrea Giaccone ha depositato nei giorni scorsi un’interrogazione al Ministro delle Imprese e del Made in Italy e al Ministro del lavoro, condivisa anche con l’on. astigiano Marcello Coppo.
«Lavoreremo in sinergia con tutte le istituzioni e le parti sociali – assicura – per evitare questo accorpamento».

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