«La strada della ripresa passa per la ristrutturazione di centri storici delle città, ospedali e scuole»: lappello arriva da Tona (Filca Cisl). Mascarino (Ance): «In un anno si sono persi 300 addetti e 80 imprese». Nel frattempo si è insediata a Torino la consulta formata da costruttori e sindacati, con lobiettivo di approfondire le problematiche più urgenti e di lavorare ad un programma di interventi…
Una consulta regionale per ledilizia, settore in forte crisi in tutto il Piemonte e, ovviamente, nellAstigiano, dove in un anno si sono persi 300 addetti e 80 imprese. E quella che si è insediata lo scorso 2 maggio a Torino, nella sede dellassessorato regionale allUrbanistica, Edilizia e Opere pubbliche. A convocarla la Regione, a seguito della richiesta arrivata dalle organizzazioni sindacali del settore insieme allAnce Piemonte. Alla riunione sono intervenuti, oltre allassessore Giovanna Quaglia, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Fillea Cgil, Filca Cisl, Feneal Uil, i rappresentanti di Anci, Upp, Ance Piemonte, Abi Piemonte, Confartigianato, Cna, Confcooperative, Lega Cooperative, Confimi Imprese Piemonte.
«La Regione ha affermato lassessore Quaglia intende dare corso ad un impegno preciso, consapevole del momento di particolare difficoltà che questo settore sta subendo. Per questo motivo abbiamo voluto riunire una Consulta regionale dedicata al settore delledilizia, con lobiettivo di approfondire le problematiche più urgenti e di lavorare ad un programma di interventi». A confermare la gravità della situazione rispetto ai pagamenti alle imprese edili da parte della Pubblica Amministrazione Luigi Tona, segretario generale aggiunto della Filca Cisl di Alessandria e Asti, che conta 3.500 iscritti. «Molte aziende astigiane, anche di grosse dimensioni – afferma – sono in difficoltà per i ritardi o i mancati pagamenti da parte degli Enti pubblici, che lamentano pochi soldi nelle loro casse. Ormai si è infatti innestato un circuito negativo che sta affossando il settore».
Il riferimento è al fatto che, a causa principalmente del patto di stabilità, i Comuni non indicono gare dappalto per lavori pubblici, oppure lo fanno nel numero minimo indispensabile. «La ripresa – prosegue Tona – deve arrivare dal territorio. Innanzitutto gli Enti locali devono far sentire la loro voce a Roma per modificare il patto di stabilità e poi devono cercare, per quanto possono, di favorire le imprese locali, facendo in modo che i pochi appalti indetti possano favorire, ovviamente rispettando le regole, ledilizia locale. Ma, ovviamente, è necessaria la volontà politica di farlo». Tona ricorda quindi la branca del settore in cui dovrebbero essere svolti lavori e interventi. «La strada della ripresa – conclude – passa per la ristrutturazione di centri storici delle città, ospedali e scuole. Da quando cè il patto di stabilità questi interventi vengono ridotti al minimo, e le nostre città sono tenute male. Ormai il settore edile ha costruito troppo in termini di edilizia privata, tanto che molte abitazioni sono rimaste invendute. Ora è il momento di ristrutturare».
Molto preoccupato per il presente e il futuro del settore anche Luciano Mascarino, a capo del Gruppo costruttori edili dellUnione industriale di Asti, appartenente allAnce. «I problemi sono numerosi e gravi – sottolinea – e posso essere sintetizzati con alcune parole chiave: lavoro, credito, burocrazia e debiti. Parole che, collegate tra loro, formano un mix micidiale: cè poco lavoro, soprattutto perché gli Enti pubblici appaltano poche opere e, quando lo fanno, non sempre prestano la dovuta attenzione alla realtà locale; le imprese sono strangolate da una burocrazia eccessiva, hanno difficoltà ad accedere al credito degli istituti bancari e, quando lavorano, sono pagate con forte ritardo dagli Enti pubblici.
Come costruttori edili stiamo cercando di sensibilizzare le Amministrazioni su questi gravi problemi che hanno conseguenze concrete sul settore: basti pensare che allo scorso 31 marzo le imprese edili erano 509 con 1.692 operai, registrando un calo, rispetto allanno precedente (per la Cassa edile va dal 1° ottobre al 30 settembre dellanno successivo) di 80 imprese e 300 addetti». «Siccome non abbiamo dati di altri settori che hanno assorbito questa forza lavoro – aggiunge Tona – il nostro sentore è che queste cifre sottintendano due grossi problemi: da una parte laumento della disoccupazione, dallaltra del lavoro in nero».
Elisa Ferrando