Laumento dellIva dal 21 al 22% decisa dal Governo, in vigore da martedì, arriva proprio nel periodo peggiore che il commercio, a livello nazionale e locale, sta vivendo. Tanto da raccogliere
Laumento dellIva dal 21 al 22% decisa dal Governo, in vigore da martedì, arriva proprio nel periodo peggiore che il commercio, a livello nazionale e locale, sta vivendo. Tanto da raccogliere commenti negativi anche a livello locale. «Siamo preoccupati – commenta Claudio Bruno, direttore provinciale di Ascom Confcommercio – perché alla situazione generale, che non lascia intravvedere segnali di ripresa, si sommano dei provvedimenti, come quello dellaumento dellIva, che penalizzeranno ulteriormente le imprese, e ancora una volta toccheranno pesantemente le tasche dei consumatori». «Il primo effetto – continua – sarà quello di un ennesimo calo dei consumi, il che non aiuterà lauspicata, seppur debole, ripresa prevista per il 2014, considerato tra laltro che il reddito imponibile delle famiglie è già sceso del 2% e il potere di acquisto è diminuito del 4,7%, il dato peggiore dal 1990. Al di là della questione Iva, poi – conclude – cè la necessità di una riforma fiscale vera, che abbini alla riduzione delle tasse la semplificazione degli adempimenti e pagamenti e renda meno oneroso lingresso nel mercato del lavoro».
Sulla stessa lunghezza donda Mauro Ardissone, presidente provinciale di Confesercenti: «E un provvedimento assolutamente negativo in quanto interviene in un periodo di calo di consumi, che quindi contribuirà ad abbassare ulteriormente». Per quanto riguarda gli aumenti dei prezzi al consumatore, Ardissone precisa: «Nessun commerciante aumenterà lIva ora che ha già la merce in magazzino – spiega – e tutto sarà rimandato dal prossimo gennaio, quando ci potrebbero anche essere ritocchi al rialzo sul prezzo finale per compensare laumento che i negozianti si addosseranno da qui alla fine dellanno». Ardissone basa il giudizio negativo su dati che definisce «inconfutabili».
«A livello nazionale – spiega – la Confesercenti ha effettuato una indagine utilizzando i dati delle Camere di Commercio sulle aperture e chiusure, nei primi otto mesi dellanno, di negozi di piccole e medie dimensioni, fino a 900 mq di vendita (esclusa, quindi, la grande distribuzione), oltre ad hotel, alberghi, ristoranti, bar, banchi del commercio ambulante, divisi per provincia e per comune capoluogo. Ciò che è emerso è sconfortante. LAstigiano – che conta 1.954 negozi – ha registrato un saldo negativo tra aperture e chiusure pari a – 60: ciò significa che nel periodo preso in considerazione hanno aperto 41 negozi e ne sono stati chiusi 101. Di questi, prendendo in esame il solo settore alimentare, 7 hanno cominciato lattività e 19 hanno abbassato la saracinesca. Saldo negativo anche per quanto riguarda il solo comune di Asti (che registra 799 imprese al dettaglio, di cui 99 alimentari e 700 non alimentari), che allo scorso 31 agosto vedeva un saldo negativo tra aperture e chiusure pari a – 34, con 19 aperture e 53 chiusure (rispettivamente 4 e 8 per il solo settore alimentare).
«Esulando dallalimentare – commenta Ardissone – i negozi che hanno patito maggiormente la crisi sono quelli relativi allabbigliamento e alle calzature: nel periodo preso in considerazione si sono infatti registrate in provincia 3 aperture e 28 chiusure, e ad Asti 2 aperture a fronte di 18 chiusure. Difficoltà che, a livello generale, riguarda anche i piccoli negozi nelle gallerie dei centri commerciali, anche perché la grande distribuzione ha ottenuto la liberalizzazione degli orari e dei festivi, che per i piccoli negozi allinterno è antieconomica in un periodo di calo di consumi come questo». Lindagine Confesercenti si amplia anche ad altri settori: alberghi e hotel hanno registrato 66 chiusure e 42 aperture in provincia (il saldo è pari a – 24), 16 aperture e 27 chiusure ad Asti (- 11). Il segno meno riguarda anche i bar (con saldo – 5 sia nellAstigiano, con 22 chiusure e 17 aperture, sia ad Asti), la ristorazione (- 18 in provincia, – 4 ad Asti) e il commercio ambulante (- 20 in provincia, – 7 ad Asti). «Il dato preoccupante, in generale – conclude – è che a dicembre il panorama sarà ancora più desolante dato che, per ragioni fiscali e contabili, la maggior parte delle cessazioni si effettuano alla fine dellanno».
Elisa Ferrando