«Sarà un incontro ad elevato tasso alcolico».
Così Marco Lombardi – critico enogastronomico e cinematografico, conosciuto soprattutto come autore e conduttore del programma “Come ti cucino un film”, in onda su Gambero Rosso Channel – presenta l’appuntamento “Vino, ciak si gira” che si terrà giovedì 15 settembre alle 18.30 a Palazzo Borello. Organizzato dalla Camera di Commercio Alessandria-Asti, è inserito tra gli appuntamenti speciali legati alla Douja d’Or.
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per avere alcune anticipazioni sull’evento e conoscere i suoi progetti futuri.
Cosa ci si deve aspettare dall’evento del 15 settembre?
Sarà un incontro ad alto tasso alcolico (ride, ndr) perché si parlerà di vini, oltre che di cinema. Ovvero, i due versanti su cui mi muovo, essendo critico cinematografico ed enogastronomico per “Gambero Rosso” e per “Il Messaggero”.
Ambiti che sono anche oggetto di diversi libri che ho scritto, come “Gustose visioni – Dizionario di cinema enogastronomico” (Iacobelli editore, 2014) in cui analizzo il significato che ha il cibo, e ovviamente anche il vino, all’interno di un film.
Ad Asti, quindi, proporrò innanzitutto una carrellata su alcuni film per dimostrare come la presenza di un piatto, un vino o una bevanda all’interno di un film non sia mai casuale ma abbia un significato preciso, narrativo. Poi scenderò nello specifico di una serie di pellicole, di cui proietterò delle clip, mostrando come, all’interno di un film, il vino possa essere addirittura il personaggio protagonista della narrazione.
Infine selezionerò tre dei vini presenti alla Douja d’Or – Barbera, Moscato e Vermouth – e proverò a fare il gioco del “se fosse”. Ovvero: se quel vino fosse un genere cinematografico, quale sarebbe?
La Cinegustologia
A questo proposito… Negli anni scorsi lei ha ideato la Cinegustologia. Ce ne parli…
La Cinegustologia è un sistema critico che serve a raccontare il cibo attraverso i film e viceversa. L’ho ideato a seguito del laboratorio che ho tenuto anni fa all’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo.
Parte dalla considerazione che ogni tanto, quando noi giornalisti parliamo di materia viva (dai piatti alle opere d’arte), finiamo imbrigliati dall’utilizzo di certi binari precostituiti di racconto, come i codici di critica, senza esprimere le emozioni personali.
Allora ho pensato agli aggettivi che utilizziamo per descrivere un film – come “una storia dura, cruda, piccante, amara, dolce” – che si rifanno non a vista e udito, ma a tatto, gusto e olfatto. Fondamenta su cui si basa il mio schema alternativo, di cui parlo in modo approfondito nel libro “La Cinegustologia e il Media Entertainment” (Fausto Lupetti Editore, 2020). Il volume è diviso in tre parti. All’inizio racconto i movimenti artistici del cinema come se fossero piatti di grandi chef e vini di determinati produttori.
Nella seconda parte associo i generi cinematografici ai singoli vitigni, mentre nell’ultima attuo un lavoro di estrapolazione sensoriale di odori, sapori e consistenze della filmografia di 30 registi. Emerge un racconto di questi autori in modo soggettivo e diverso dal solito. Una strategia per tirare fuori le nostre emozioni.
Come applica la Cinegustologia nel programma “Come ti cucino un film”?
Lo schema ricorrente prevede che io scelga un film e, parimenti, uno chef che abbia una regia in cucina associabile a quella del film. Esempio: se devo raccontare una pellicola con una regia pulita, senza troppi effetti speciali o virtuosismi visivi, scelgo uno chef che fa una cucina altrettanto pulita, senza mescolare troppe materie prime.
Dopodiché seleziono i tre personaggi dei film più importanti della narrazione – di cui descrivo odori, sapori e consistenze – cui vengono abbinate delle ricette. Ad esempio, se prendo in considerazione un personaggio in apparenza dolce, ma che nel corso del film viene dominato da una profonda amarezza, dico allo chef di realizzare un piatto che alla prima morsicata sia dolce e successivamente aspro. Quel piatto diventa così l’interpretazione del personaggio. Inoltre, essendo un canale di cucina, vengono mostrate le ricette e le modalità di esecuzione dei piatti.
Spesso, poi, si fa un brindisi con un vino legato alla pellicola.
Abbinamenti tra film e vini…
A questo proposito, ci può consigliare un titolo che andrebbe bene con un Moscato d’Asti?
Direi “Harry ti presento Sally”, profonda storia d’amore in cui, all’inizio, prevale la parte acida – il riferimento è all’acidità quasi invisibile di un vino dalla grande aromaticità, che ne regge il carico di dolcezza – ma che in generale è molto effervescente.
Facciamo un altro esempio. Un genere cinematografico che si abbina alla Barbera d’Asti?
Potrebbe essere un film drammatico ma anche di denuncia. Non un dramma autocompiaciuto, ma una fiction tratta da una storia vera, con un finale che però lasci intravvedere un senso di giustizia e lieto fine. La Barbera d’Asti ha note forti e un livello alcolico piuttosto sostenuto che danno l’idea del dramma, per il quale si usa spesso l’aggettivo “bruciante” come quello che dà l’alcol in minima parte.
Nello specifico mi riferisco ad una Barbera d’Asti non legnosa, che mette insieme un po’ di cupezza e bruciore alcolico, ma anche freschezza.
… e tra film e piatti
Volendo proseguire questo gioco con i piatti, quale film abbinerebbe alla bagna cauda?
La bagna caoda ha note di sapidità e pungenza che mi fanno pensare a film come “Top Gun Maverick”: adrenalinico, potente, ma con un finale positivo che corrisponde al sapore equilibrato che la bagna cauda lascia in bocca, quando perde sul finale la parte aggressiva.
E alla carne cruda?
Sicuramente un film crudo, come dice lo stesso nome del piatto, un documentario di denuncia che affronta una realtà in modo diretto, senza estetismi, come i lavori di Ken Loach.
Nel suo cortometraggio “Fritti dalle stelle” parla della spettacolarizzazione della cucina. Cosa pensa di come è trattato questo tema in televisione attualmente?
Nel cortometraggio, finito di montare nel 2021 e presente su Amazon Prime Video, ho intervistato circa 20 chef stellati, tra cui un pizzaiolo di altissimo livello. A tutti ho domandato cosa ne pensavano del teatrino mediatico che coinvolge attualmente la cucina e che cosa farebbero se potessero cambiare qualcosa.
Nel primo caso, in tanti hanno detto che gli chef dovrebbero stare di più nei ristoranti. Hanno anche lamentato il fatto di fare poca squadra, a livello di categoria, nonostante la cucina sia un aspetto importante dell’economia italiana.
I progetti per il futuro
Quali progetti professionali ha per il futuro?
Ho in mente di proseguire con il mio programma televisivo, ma con un cambiamento che, essendo in corso di valutazione in queste settimane, non può essere svelato.
Poi vorrei realizzare un film da sala cinematografica. Ho un paio di progetti, una fiction e un documentario, entrambi in tema di alta ristorazione.
Infine il progetto, più immediato rispetto al film, di un libro che rappresenterà un passaggio ulteriore rispetto alla Cinegustologia. A forma di dizionario, comprenderà 70 piatti all’interno di famose scene di film di cui, attraverso la Cinegustologia, spiegherò i motivi della presenza nelle pellicole. Ovviamente andando oltre le spiegazioni che sono state finora date. Pensiamo agli spaghetti di Totò in “Miseria e Nobiltà”. Perché gli spaghetti? Non perché siano un piatto povero e tradizionale di Napoli, come emerso finora. Secondo me, la scelta è legata al fatto che la storia è caratterizzata da un groviglio sociale in cui tutti sfuggono alla propria identità, proprio come i singoli speghetti sfuggono, grazie all’amido, al groviglio che li unisce.