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Economia

Mario Sacco: «Insieme ad Alessandria
per un’associazione più forte»

«Perché ci uniamo ad Alessandria? Per rendere l'associazione più forte in vista delle sfide del futuro». Così Mario Sacco, presidente provinciale di Confcooperative, presenta il progetto di

«Perché ci uniamo ad Alessandria? Per rendere l'associazione più forte in vista delle sfide del futuro».
Così Mario Sacco, presidente provinciale di Confcooperative, presenta il progetto di fusione con la sede alessandrina che sarà ufficializzato oggi, giovedì 25 febbraio, in occasione dell'assemblea interprovinciale che si svolgerà dalle 15 nel Salone consiliare della Provincia, in piazza Alfieri 33. Intitolata "Ambiente, energia e welfare per lo sviluppo della cooperazione", vedrà come ospite d'eccezione il presidente nazionale di Confcooperative Maurizio Gardini. In programma le relazioni dei presidenti delle Unioni provinciali di Asti e Alessandria, rispettivamente Mario Sacco e Cesare Balsamo, e gli interventi di alcune autorità.

Presidente Sacco, come mai questa decisione?
«Insieme ai dirigenti di Asti e Alessandria abbiamo ritenuto che l'alleanza consentirà di avere una associazione più forte a supporto delle imprese che si confrontano con la globalizzazione, in vista delle sfide per il futuro. Sarà un passaggio epocale, per il quale sento il dovere di ringraziare il presidente Balsamo».

Non ci sono ragioni economiche alla base di questa decisione?
«Di sicuro l'alleanza ci consentirà di razionalizzare i costi, ma è stata assunta principalmente per fornire servizi ulteriori e innovativi. Da questo punto di vista, comunque, ricordo che già da anni abbiamo insieme ad Alessandria un unico centro servizi, grazie alla costituzione della società "Unionlink", guidata dal nostro direttore Pietro Cavallero, che conta 44 tra dipendenti e collaboratori. Mi riferisco a servizi di vario tipo a favore delle cooperative, da quelli fiscali al supporto burocratico. E ancora, che abbiamo costituito una cooperativa di utenza, la "Monferrato servizi", sempre tra Asti e Alessandria, per avere massa critica sufficiente da ottenere, a favore delle cooperative socie, costi inferiori a livello di energia, telefonia, gas, noleggio auto».

Cosa cambierà a livello di sedi e lavoratori?
«Nulla, in quanto continueremo a lavorare sia ad Asti sia ad Alessandria, ma ci sarà un unico consiglio, guidato da presidente e vice, che verrà eletto nell'assemblea di giovedì (il direttore sarà Pietro Cavallero)».
Quale sarà il "bacino" di Confcooperative Asti – Alessandria?
«Confcooperative Asti – Alessandria risponderà a 245 tra imprese e cooperative (134 astigiane e 111 alessandrine), 11.425 soci (5.815 astigiani, 5.610 alessandrini), 7.500 lavoratori (di cui il 64% è rappresentato da donne e il 38% da stranieri)».

Qual è lo stato di salute delle cooperative astigiane in questo periodo di crisi?
«Rispetto ai contraccolpi della crisi le cooperative hanno tenuto e non hanno perso occupati. O meglio, non hanno perso forza lavoro a livello generale, in quanto laddove la crisi ha picchiato più duro, come nell'edilizia, i dati negativi sono stati compensati da quelli positivi di altri settori. Inoltre abbiamo cercato di contrastare le difficoltà del settore delle costruzioni riorientando l'attività in ambiti che avessero ancora margini di intervento. In sostanza, vista la crisi del mercato del "mattone", le cooperative si sono indirizzate verso interventi di housing sociale e di riqualificazione ed efficientamento energetico. Tanto che, riguardo a quest'ultimo caso, abbiamo costituito una società accreditata, la Esco (Energy service company), che ha eseguito numerosi interventi di riqualificazione energetica».

E riguardo agli altri settori?
«Le cooperative astigiane sono impegnate in vari ambiti. In particolare, alcuni di essi hanno visto uno sviluppo, compensando, come dicevo prima, le difficoltà del settore costruzioni. Mi riferisco al settore agricolo-vitivinicolo (penso per esempio alle cantine sociali) e a quello socio-sanitario, che si è arricchito di "nuovi ingressi". Infatti alle cooperative tradizionali socio-assistenziali (impegnate nella gestione di strutture quali case di riposo e centri per minori a rischio) si sono affiancate quelle che si occupano di servizi socio-sanitari, come le cooperative di medici e di farmacie».
«Quindi parliamo di un "mondo" che ha resistito bene alla crisi. Tanto che, se guardiamo sempre al bacino delle 245 cooperative che giovedì "uniremo", parliamo di un fatturato globale 2015 di oltre 400 milioni di euro, con un patrimonio netto di oltre 80 milioni e capitale sociale di oltre 20 milioni. Nonostante la difficile congiuntura, quindi, hanno messo in atto una forte patrimonializzazione che cha consentito loro di sopperire ai ritardi dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione».

Quali i motivi di questi risultati?
«Innanzitutto tengo a precisare che non dipendono dalla natura delle cooperative, dato che sono equiparate alle altre società a livello di imposizione fiscale (l'unica differenza è che godono di una tassazione inferiore per quanto riguarda gli utili, dato che questi sono indivisibili e rimangono a riserva della cooperativa)».
«Detto questo, secondo me sono dovuti alla lungimiranza imprenditoriale dimostrata in questi anni, che ha consentito di diversificare e riorientare l'attività laddove c'erano ancora margini di intervento. E alla forte patrimonializzazione attuata, con i soci che si sono autotassati. Ora i risultati si vedono, e consentono di investire nonostante la crisi».

Come?
«Per quanto riguarda l'ambito socio-sanitario, forti della patrimonializzazione, ci candidiamo ad investire laddove lo Stato non riesce più a farlo, ma non tramite gare d'appalto che, così come sono, al massimo ribasso, non vanno bene e non premiano la qualità. Noi siamo disposti ad investire per realizzare e completare strutture sociosanitarie e avere poi un ritorno sulla gestione. Ad esempio riguardo al nuovo ospedale di Nizza, il cui cantiere in questo momento è fermo (e che dovrebbe ospitare servizi territoriali, ndr)».
«Per quanto riguarda, invece, l'ambito vitivinicolo, lanceremo un progetto in base a cui le nostre cantine sociali si renderanno disponibili ad acquisire vigneti dismessi in modo da difendere il patrimonio astigiano, anche per salvaguardare il patrimonio Unesco. Ma non solo, a questo proposito abbiamo anche in mente il progetto delle "cooperative di comunità"».

In cosa consiste?
«Le cosiddette "cooperative di comunità" saranno promotrici di progetti di rilancio dei piccoli comuni a rischio spopolamento chiedendo la collaborazione di tutti gli attori del posto (dalle Pro loco ai Gal).L'obiettivo è proporre servizi culturali e turistici dopo aver realizzato le opportune infrastrutture. Penso, ad esempio, alla realizzazione di percorsi per itinerari "a due ruote" a a cavallo con gli opportuni servizi, dai maneggi alle postazioni per chi noleggia biciclette».

Elisa Ferrando

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