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Economia
Interventi e testimonianze

Prezzi record del carburante, in crisi l’autotrasporto

Bossi (Confartigianato): “Fermo nazionale il 19 marzo con presidio anche ad Asti se le risposte del Governo all’incontro di oggi saranno insufficienti”

Il settore dell’autotrasporto in subbuglio a causa dell’aumento inarrestabile dei costi del carburante. Ieri (lunedì) era il giorno della protesta da parte delle aziende aderenti all’associazione nazionale Trasportounito, il cui sciopero è stato poi definito illegittimo dalla Commissione di garanzia. L’associazione ha tuttavia precisato che non si trattava di uno sciopero ma di un’iniziativa finalizzata a coordinare le manifestazioni «sulla situazione di estrema necessità del settore».

Parla Anna Mozzone (Co.Logistic Solutions srls)

A sottolineare come le condizioni di lavoro siano sempre più difficili Ruote Libere, associazione di piccoli imprenditori dell’autotrasporto, di cui fa parte la ditta astigiana “Co.Logistic Solutions srls”. Attiva dal 2018, effettua con tre mezzi bilici trasporti per il settore siderurgico nel Nord Italia. «La questione – spiega Anna Mozzone, dipendente della ditta – è la sopravvivenza. Con questi prezzi del carburante viaggiamo quasi sottocosto. La situazione è insostenibile e in particolare le piccole ditte sono veramente in difficoltà. Come associazione siamo fermamente contrari ai blocchi stradali, che riteniamo controproducenti per tutti, ma favorevoli a tenere fermi i mezzi nei piazzali (come stanno già facendo molti colleghi) perché non si può spendere per il rifornimento ciò che non si guadagna. Così non si può andare avanti».
«L’accordo delle scorse settimane da 80 milioni di euro, attraverso il Ministero delle Infrastrutture, in termini di crediti di imposta e interventi sui pedaggi autostradali – aggiunge – è del tutto inutile perché non incide sul “qui e ora”. Bisogna intervenire con soluzioni efficaci: la riduzione delle accise e la sterilizzazione dell’Iva sui rincari».

Il commento di Stefania Gagliano (CNA)

Ad attendere con grande speranza l’esito dell’incontro di oggi (martedì) con il Governo i rappresentanti di Unatras, coordinamento unitario di cui fanno parte le principali associazioni dell’autotrasporto: Casartigiani, Fai, Fiap, Unitai e Assotir per Conftrasporto, Cna Fita, Confartigianato Trasporti.
«La situazione è surreale», commenta Stefania Gagliano, direttrice Cna ad Asti e Alessandria, associazione che nell‘Astigiano conta circa 40 soci del settore autotrasporto.
«I trasportatori – sottolinea – sono molto demoralizzati. Il Governo deve finalmente dare una risposta alle imprese, grazie alle quali nei mesi scorsi ha già “fatto cassa”. Non si può pretendere che lavorino anche se è antieconomico farlo. Le richieste sono sempre le stesse: ridurre l’Iva sui carburanti, abbassare le accise, introdurre norme e tutele per gli autotrasportatori nei confronti della committenza, dato che in questi mesi hanno continuato a svolgere il servizio agli stessi prezzi del passato, peraltro rischiando come sempre di pagare penali se la consegna arriva in ritardo. Solo un intervento a livello legislativo, tuttavia, può dare più forza contrattuale al settore. Insomma, ritengo che sia veramente una situazione esplosiva».

Le parole di Bossi (Confartigianato)

Nel caso in cui l’incontro di oggi non portasse alle risposte attese, il coordinamento Unatras sta pensando ad un fermo nazionale il 19 marzo con presidi a livello locale.
«Come Confartigianato Trasporti, che vede circa 200 aziende astigiane associate – annuncia Giansecondo Bossi, direttore provinciale Confartigianato – abbiamo già richiesto le autorizzazioni per un presidio sotto la Prefettura il 19 marzo, sperando di non doverlo organizzare, perché si terrà se le risposte del Governo saranno insufficienti.
Finora, nonostante le difficoltà, abbiamo continuato a privilegiare la via del dialogo, anche per rispetto ai cittadini, considerato che la situazione è già molto difficile per motivi peraltro più gravi del caro-carburante. Ma a questo punto il Governo deve dare risposte a chi non riesce più a lavorare. Risposte a problemi che il settore si trascina da troppo tempo e che ora sono esplosi perché in Italia, negli ultimi cinquant’anni, non si è messo mano a riforme strutturali. Così il Paese è sempre in balìa delle emergenze».

La posizione di Confartigianato Trasporti

Confartigianato Trasporti chiede quindi una concreta riduzione del costo del gasolio e del costo del lavoro, con un intervento dello Stato più significativo come sta accadendo per il caro-bollette. E questo perché il settore è in costante squilibrio tra fatturati che si sgonfiano, da una parte, e gasolio, pedaggi, assicurazioni, costi di esercizio e tasse che crescono dall’altra. «A tutto ciò si devono aggiungere il cronico deficit infrastrutturale – spiegano da Confartigianato Trasporti – e la concorrenza sleale, interna ed estera, che opera senza regole e prezzi sottocosto. Senza dimenticare le variabili locali, come la viabilità inadeguata».
«Al tavolo dell’incontro del 15 marzo – sottolinea Giovanni Rosso, astigiano, presidente di Confartigianato Piemonte Trasporti – porremo la richiesta urgente di riconoscere un credito d’imposta del 30% immediato sul gasolio, ma soprattutto l’adozione della regola che vige per gli aerei: il maggior costo del gasolio va ribaltato in fattura a garanzia della sopravvivenza delle imprese».

La testimonianza di un gestore di impianto

«Svolgo questo mestiere da quarant’anni ma non avevo mai assistito ad un aumento dei prezzi così veloce e inarrestabile».
A parlare è il titolare di un impianto di distribuzione di carburante associato a Figisc Confcommercio.
Il riferimento è a ciò che ormai, da giorni, è sotto gli occhi di tutti: i prezzi di benzina e gasolio hanno abbattuto la soglia psicologica dei 2 euro al litro, senza contare l’incremento significativo del costo del metano. Aumenti che gravano pesantemente sui bilanci di famiglie e imprese, già penalizzati dai rincari dei prezzi di gas, energia e materie prime.
«Ciò che la gente non sa – spiega – è che noi gestori di impianti, peraltro sempre meno, non possiamo intervenire sui prezzi. La compagnia infatti fissa il prezzo di acquisto, che dobbiamo pagare noi gestori, e quello di vendita, stabilito per i nostri clienti. A partire dallo scorso ottobre abbiamo assistito ad una escalation dei prezzi cominciata con il metano, utilizzato per i camion ecologici che molte ditte di autotrasporto hanno acquistato recentemente grazie anche agli incentivi statali. Basti pensare che il metano costava a settembre 0,899 euro al chilo, per poi passare nei mesi successivi a 2,60 euro. Lo scorso venerdì era sceso a 1,999 euro, ma una diversa tipologia è arrivata anche a prezzi superiori».

Aumenti inarrestabili

Inarrestabile l’aumento della benzina. Premesso che il prezzo cambia a seconda della compagnia petrolifera, ieri in città si poteva trovare il gasolio a 2,184 euro al litro (self) e 2,394 euro (servito); la benzina a 2,214 euro (self) e 2,424 euro (servita). Impressionante la differenza con il maggio 2020, nei mesi più bui della pandemia: in questo caso, con rifornimento self service, si poteva avere il gasolio a 1,209 euro al litro e la benzina a 1,359 euro al litro.
«I clienti si lamentano, li capisco e mi dispiace – continua – ma anche la nostra situazione è difficile. Bisogna infatti ricordare che noi gestori guadagniamo circa 3 centesimi al litro, ma da questi dobbiamo togliere le spese sostenute sui pagamenti, ormai molto diffusi, attraverso bancomat, carte di credito e carte commerciali (tra 0,05 e 1,5 centesimi). Si capisce che non si può andare avanti così. Tanto più che anche noi dobbiamo sostenere costi in aumento per l’energia elettrica».

Il peso delle accise

Le soluzioni al problema, tuttavia, sono note da anni. Sull’aumento dei prezzi cui stiamo assistendo da tempo – su cui incidono anche il cambio sfavorevole euro/dollaro (dato che il petrolio è quotato con la moneta americana) e recentemente la guerra in Ucraina – in Italia pesano infatti le accise (oltre alle recenti speculazioni denunciate dal Ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani).
Le accise sono un tributo indiretto, una tassa che lo Stato pone sulla fabbricazione o sulla vendita di prodotti di consumo. Le accise sull’acquisto dei carburanti, in Italia, sono state incrementate nel tempo allo scopo di fronteggiare finanziariamente alcune emergenze, come quelle provocate dagli eventi naturali o dalle guerre. Ma quando sono cadute le ragioni per effettuare il prelievo, gli incrementi sono rimasti per coprire altre voci del bilancio pubblico.
E’ il caso, per fare qualche esempio, dell’accise di 0,00723 euro per il finanziamento della crisi di Suez del 1956; o quella dello 0,00516 euro per la ricostruzione dopo il disastro della diga del Vajont (1963); o, ancora, quella dello 0,00516 euro per la ricostruzione di Firenze dopo l’alluvione del 1966.
In totale sono quasi una ventina le accise sui carburanti: sommate all’Iva, rappresentano ormai la metà del prezzo attuale dei carburanti.

Le richieste di Figisc Confcommercio

A fronte di questa situazione è intervenuta anche Figisc Confcommercio. La richiesta al Governo è quella di «dare immediata applicazione a quanto previsto dalla Legge 244 del 2007 in tema di Accisa Mobile (o anticiclica) che consente, da una parte, di sterilizzare gli aumenti dell’Iva e, dall’altra, di creare un minimo di stabilità per famiglie ed operatori economici».

 

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