«La città di Asti deve cambiare mentalità. C’è bisogno di una rete composta da istituzioni, mondo economico e industriale che proponga e realizzi progetti, senza dare spazio a dibattiti infiniti».
A parlare è Luca Quagliotti, recentemente confermato alla guida della Camera del Lavoro di Asti. L’elezione da parte dei delegati è avvenuta martedì scorso, al termine del congresso convocato presso il Foro Boario di San Damiano. Nello specifico Quagliotti, in carica dal 2018, ha ottenuto 47 preferenze, un voto contrario e una astensione.
Diversi gli argomenti su cui ha incentrato la relazione congressuale, che hanno spaziato dal contesto internazionale e nazionale ai più scottanti problemi a livello locale e, ovviamente, alle questioni interne alla Camera del lavoro di Asti.
Il sindacato
Segretario, nella sua relazione ha scritto che siete «soddisfatti di aver chiuso i quattro anni dal precedente congresso con una perdita pari a solo l’1% degli iscritti, data la crisi di rappresentanza e di partecipazione che caratterizza la società attuale, come si evince anche in occasione delle elezioni. Secondo lei qual è lo stato di salute del sindacato?
Posso dire che abbiamo di fronte situazioni differenti perché è cambiata la nostra rappresentanza. Fino agli anni Novanta rappresentavamo in maniera preponderante i lavoratori del settore industriale, grazie alla presenza di numerose fabbriche. Oggi l’industria rappresenta un quinto dei nostri iscritti, mentre fra gli attivi la prevalenza è del settore dei servizi (come il commercio, la grande distribuzione, le cooperative) e pubblico (scuola e pubblica amministrazione).
E intanto cresce il precariato…
Il Nidil, la categoria creata appositamente all’interno della Cgil per i lavoratori precari, ha quadruplicato i suoi iscritti negli ultimi cinque anni. Prima ha rappresentato i co.co.co, poi le cosiddette “partite Iva” e ora i lavoratori in somministrazione.
Rappresentare questi lavoratori è complicato, perché sono deboli e temono sempre di non essere confermati. Infatti, se anche hanno un contratto a tempo indeterminato con l’agenzia e lavorano presso un’azienda da anni, il committente può chiedere all’agenzia di sostituirli.
Per questo il nostro obiettivo è attuare la lotta contro la precarietà, azienda per azienda.
Quali sono gli strumenti concreti che avete per contrastare la precarietà?
E’ una lotta che si può fare con azioni di contrasto e forza (scioperi e mobilitazioni).
Il problema è che, nella società attuale, la solidarietà tra lavoratori non esiste più. Un fenomeno che porta ad indebolire la situazione di tutti i dipendenti. Infatti, se le aziende potranno continuare a contare su lavoratori pagati meno e privi dei diritti dei colleghi assunti a tempo indeterminato, poco tutelati per cui possono essere lasciati a casa in qualsiasi momento, a lungo andare tenderanno a dotarsi solo più di quelle figure. Già ora ci sono aziende che, grazie alle “maglie larghe” della legge in merito, hanno oltre il 50% della forza lavoro in somministrazione.
Tutto ciò a discapito della qualità delle prestazioni: se il lavoratore non è fidelizzato, perché deve dare anima e corpo per l’azienda? Lo fa solo quando fino a quando spera di essere assunto.
Così queste aziende iniziano un percorso di declino, che si collega ad un altro discorso più generale…
Quale?
Siamo il Paese con un tasso di produttività basso non per il numero di ore lavorate, ma perché le aziende non investono in formazione, prodotto e sviluppo. L’unico settore in cui investono è l’ambito commerciale.
La situazione astigiana
A questo proposito, cosa pensa della situazione a livello astigiano? Come Cgil voi fate parte da anni del Tavolo di sviluppo che unisce sindacati, associazioni datoriali e istituzioni…
In questi anni si è parlato tanto, per l’Astigiano, di sviluppo della logistica, ma nessuno sta ragionando di quale ambito di questo settore sviluppare.
Personalmente ritengo che avrebbe senso puntare sulla logistica di smistamento, a favore delle aziende del territorio, impegnandosi anche a riportare la dogana sul territorio, in modo da ottenere risorse economiche da investire grazie all’Iva.
Considerando poi che possiamo contare su un’ottima filiera del vino, che ha sviluppato tutta la sfera dell’enomeccanica, come Cgil abbiamo proposto di fare il Distretto dell’enomeccanica, collegato al Polo universitario (progetto su cui ha lavorato anche Confindustria). Peccato che, ad oggi, sia ancora “lettera morta”.
Insomma, dobbiamo uscire dal provincialismo, altrimenti moriamo. In tale contesto, Fondazione Cassa di Risparmio e Banca di Asti devono investire sul territorio in modo sostanzioso e agevolare gli investimenti di imprese che vogliono investire nell’Astigiano.
Un esempio lampante della logica sbagliata che permea la città ha visto recentemente vittima la casa di riposo “Città di Asti”. Al commissario Mario Pasino, in sede di accettazione dell’incarico, sono stati promessi aiuti e sostegni per salvare la struttura. Dopodiché sono scomparsi tutti, tranne il sindaco Maurizio Rasero. Non è accettabile. Bisogna uscire da questa logica e dalla strategia basata sul “far morire gli altri per vivere meglio” (in questo caso si attendeva che la struttura chiudesse per avviare la spartizione dei suoi 120 posti letto convenzionati con l’Asl). Al contrario, va promossa nel mondo economico e imprenditoriale locale una logica della rete costruttiva, come sta tentando di fare il presidente dell’Unione industriale Andrea Amalberto.
A proposito di Confindustria, cosa ne pensa del progetto “Hydrogen Community”, che unisce pubblico e privato per dare via alla produzione di idrogeno in aree industriali dismesse come San Marzanotto Piana?
Come Cgil avevamo chiesto lo scorso anno, durante la campagna elettorale, di ragionare sulla produzione di idrogeno e sulla rigenerazione dell’ex Way Assauto, in cui creare una cittadella dell’energia. In questa ottica siamo quindi molto favorevoli al progetto “Hydrogen Community”. Poi si vedrà come si farà, ma questo è un passo successivo. E’ inutile discutere all’infinito tra pro e contro. Bisogna dare il via ai progetti e poi vigilare che siano concretizzati nel modo corretto, sempre nell’ottica della rete costruttiva di cui parlavo. Da solo, infatti, il Comune di Asti non ce la può fare e ritengo che anche il PNRR non sarà sufficiente, perché, grazie al Governo Renzi che ha svuotato di competenze le Province, non disponiamo nemmeno di personale a sufficienza per presentare i progetti.