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Economia

Rimborsi Inps-alluvione:
le aziende ancora a rischio

La buona notizia arrivata ad agosto dall’Unione Europea e dall’europarlamentare Alberto Cirio sul diritto delle aziende alluvionate del Piemonte del 1994 al rimborso dei contributi previdenziali

La buona notizia arrivata ad agosto dall’Unione Europea e dall’europarlamentare Alberto Cirio sul diritto delle aziende alluvionate del Piemonte del 1994 al rimborso dei contributi previdenziali pagati in più, non ha messo al riparo i beneficiari dai rischi di non vedersi riconosciuto questo diritto.Questione molto tecnica, sia giuridicamente che legislativamente ma che ha una forte sostanza sulla ricaduta economica delle imprese coinvolte, soprattutto in questi tempi di grande crisi. Il diritto al rimborso, equiparando l’alluvione del Piemonte del 1994 al terremoto in Sicilia nel 1990, riguardava le aziende colpite dalla calamità per gli anni 1995–96–97 nella percentuale di uno “sconto” del 90% su quanto dovuto.

Un riconoscimento arrivato anni dopo che le aziende avevano invece pagato il dovuto con una riduzione che, originariamente, era molto minore. Alla richiesta di adeguamento del rimborso, l’Inps non ha mai risposto costringendo le aziende ad agire per vie legali ed ottenendo, soprattutto in primo grado, sempre risposte positive da parte dei giudici. Sentenze contro le quali l’Inps ha sempre ricorso in Appello fintanto in Cassazione nonostante le conclusioni dei giudici fossero sempre a favore delle aziende le prime delle quali hanno in effetti ricevuto gli agognati rimborsi. Fino a quando un giudice di Cuneo ha sollevato il dubbio che questa decisione fosse equiparabile ad “aiuti di Stato” per i quali è prevista l’autorizzazione dell’Unione Europea mai interessata dalla vicenda.

Da quel momento, in attesa della risposta della Commissione, chi aveva già ottenuto il rimborso ha vissuto nel dubbio di dover restituire quanto avuto dall’Inps mentre per le aziende ancora impelagate in corsi e ricorsi si sentiva sospeso per l’incertezza dei giudici italiani che aspettavano il pronunciamento dell’Europa. Il pronunciamento è arrivato ma non è così positivo come si aspettavano le aziende. In estrema sintesi l’Europa riconosce il diritto al ricorso a misure pubbliche di aiuto alle imprese che hanno subito danni a causa di calamità naturali, ma tali misure devono essere commisurate al valore reale del danno subito e non in maniera lineare per tutte allo stesso modo. Gli aiuti concessi per l’alluvione del 1994 non obbligavano le imprese a dimostrare di aver subito un danno, bastava che si trovasse in una zona di quelle riconosciute come toccate dalla calamità.

Nonostante questo, però, la Commissione ha deciso di non imporre il recupero dei rimborsi perché sarebbe oggi impossibile quantificare il danno subito (e dunque la conseguente percentuale di aiuto pubblico spettante) avendo le imprese italiane l’obbligo di conservare la documentazione contabile per non più di dieci anni.Ma il problema sostanziale di opposizione della Commissione a queste forme di aiuto lineari rimane e, ad oggi, se è chiaro che chi ha ottenuto il rimborso non dovrà restituirlo, non è altrettanto chiaro cosa succederà alle imprese che sono ancora dentro l’iter giudiziario per vederselo riconoscere e quelle che, per ragioni di costi o per sconforto, non avevano ritenuto di dover proseguire nei vari appelli lasciando decadere i termini e, sostanzialmente, rinunciando a far valere il proprio diritto.

«La percentuale di quelli che hanno ottenuto il rimborso è molto bassa – commenta l’avvocato Emilio Sellitti che ha seguito numerosi di questi casi ad Asti – Per quelli che invece ancora sono in causa, vi sono evidenti contraddittorietà fra il diritto interno e il diritto europeo». La soluzione potrebbe essere un decreto, magari da inserire già nella prossima legge finanziaria, che, mettendo insieme il rispetto del diritto al rimborso con quello delle norme europee in materia di aiuti di Stato, chiarisca gli aspetti in sospeso e dia così ai giudici italiani una norma univoca sulla base della quale decidere nei processi pendenti, che sono la maggioranza. Tanto per dare un ordine di grandezza della vicenda, gli stessi avvocati dell’Inps hanno ammesso che in ballo ci sono 500 milioni di euro di rimborsi.

Daniela Peira

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