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Morte in carcere

Il detenuto suicida arrestato per resistenza mentre era sotto effetto di droghe

Chi era e quali sono i motivi delle morti in carcere secondo la Camera Penale di Asti

Il detenuto suicida arrestato per resistenza mentre era sotto effetto di droghe

Emerge qualche dettaglio in più sulla tragica fine di Christian Guercio, il detenuto che ieri sera ha deciso di porre fine alla sua vita in una delle celle della piccola sezione "circondariale" alla Casa di Reclusione di Asti.

L'uomo, 38 anni, elettricista esperto e una passione sfrenata per la musica, combatte da anni contro la dipendenza da droga. In passato aveva già avuto qualche guaio con la giustizia proprio in riferimento agli stupefacenti ai quali era fortemente legato. Poi un periodo di relativa tranquillità con il recupero di una vita normale e, negli ultimi tempi, una nuova ricarduta nella dipendenza.

Crisi senza controllo

Dipendenza che qualche giorno fa ha provocato l'intervento delle forze dell'ordine. Secondo quanto appreso da fonte giornalistica, l'uomo si trovava a casa dei genitori in preda ad una crisi fortissima dovuta all'assunzione di droghe pesanti. Al punto da essere totalmente ingestibile dalla famiglia e pericoloso per sè e per gli altri. Di qui l'esigenza di chiedere l'intervento di una équipe del 118 per tentare di riportare alla ragione l'uomo in grandissimo stato di agitazione. I soccorritori, una volta arrivati, viste le condizioni di estrema agitazione di Guercio, hanno chiesto a loro volta l'intervento delle forze dell'ordine per immobilizzarlo e autotutelare la propria incolumità. Ma le divise non hanno fatto altro che agitare ulteriormente l'uomo il quale, dopo non pochi sforzi, è stato ammanettato e arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, essendosi ribellato a chiunque si avvicinasse per calmarlo.

Di qui il suo arrivo in carcere ad Asti, dove è stato rinchiuso tre giorni in attesa dell'udienza di convalida che si è tenuta ieri, in modalità "videoconferenza" con il gip Bertelli Motta e il difensore di Guercio, l'avvocato Lamatina. L'uomo sembrava essersi notevolmente calmato e l'interrogatorio dalla saletta del carcere adibita ai collegamenti da remoto, si è svolto senza accessi di ira da parte del detenuto. Il gip ha convalidato l'arresto disponendo che restasse in carcere.

Poche ore dopo, Guercio ha usato un lenzuolo in dotazione alla cella per togliersi la vita.

I motivi dei tanti suicidi in carcere

«E' una notizia che ci rattrista tantissimo - dice l'avvocato Davide Gatti nella veste di presidente della Camera Penale di Asti - Anche se non ci stupisce. Quello dei suicidi nelle carceri italiane è un numero in crescita e non si vede, al momento, un'inversione di tendenza.

Come Camera Penale - aggiunge - da tempo conduciamo una battaglia di legalità per l'adozione di misure che riducano, anzi azzerino, il numero di suicidi in carcere. E ci rendiamo conto che nessuno ci sta ascoltando. Questa ultima tragica notizia astigiana, anzi, ci conferma, se ce ne fosse bisogno, la misura della realtà di vita negli stati di reclusione. 

I motivi sono noti a tutti: sovraffollamento delle celle, carenza di personale penitenziario, carenza di strutture per reinserire i detenuti, carenza di progetti interni alle carceri per favorire un pieno reintegro sociale. E poi quelli specifici che si legano al triste fatto astigiano: la mancanza di personale specializzato, dentro le carceri, in grado di cogliere le fragilità dei detenuti e una carenza cronica di Rems (Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza) specifiche per la reclusione e cura di detenuti con patologie psichiatriche o dipendenze. Si pensi che ne esistono solo 5 in tutta Italia» prosegue Gatti.

Mancano le strutture per i detenuti "psichiatrici" o affetti da dipendenze

In effetti, quella di una crescente presenza di "detenuti psichiatrici" nelle celle è uno fra i maggiori problemi anche sollevati dai sindacati degli agenti penitenziari che sottolineano come questi tipi di patologie mettano in serio pericolo la sicurezza di intere sezioni.

«Un fatto tragico come quello di Asti è figlio di tutto questo insieme di problemi e carenze mai affrontati e risolte - conclude il presidente della Camera Penale - mentre va ricordato che lo Stato è custode del cittadino detenuto e ha il dovere di tutelarlo e di assicurarsi che il carcere sia un luogo sicuro». 

"Servono più psicologi in carcere"

Sul suicidio del detenuto astigiano interviene anche il sindaco di polizia penitenziaria USPP di Piemonte e Valle d'Aosta.

«La vita di un uomo, con la sua storia, le sue fragilità e le sue speranze, si è conclusa nel peggiore dei modi.

Il personale della Polizia Penitenziaria, che ogni giorno si impegna con dedizione e professionalità nel difficile compito di gestire la vita all’interno delle carceri, è profondamente colpito da questo evento.

Custodire e supportare persone in condizioni di vulnerabilità significa portare il peso di vite segnate da difficoltà, talvolta senza poterle salvare tutte.

Questo tragico episodio pone l’ennesimo interrogativo su come intercettare i segnali di disagio e prevenire simili tragedie, spesso, purtroppo, i messaggi di aiuto non sono chiari o non vengono percepiti ed è a questo che si aggiunge la cronica carenza di organico che grava sulle spalle degli operatori, riducendo le possibilità di intervento tempestivo.

I dettagli di quanto successo sono in via di accertamento.

Per questo, riteniamo sia urgente e necessario che l’Amministrazione Penitenziaria potenzi la presenza di psicologi e specialisti all’interno delle carceri, figure capaci di leggere tra le righe e intervenire tempestivamente in situazioni di crisi e che, al contempo, si affronti con serietà il problema del sovraccarico di lavoro del personale penitenziario, per garantire condizioni di sicurezza e di assistenza adeguate.

La USPP ribadisce il proprio impegno per una giustizia più umana, che tuteli i diritti dei detenuti e supporti concretamente il lavoro di chi li accudisce ogni giorno. Al Personale di Polizia Penitenziaria rivolgiamo un messaggio: “Il vostro lavoro è prezioso ed anche quando non sembra sufficiente mai smettere di essere presenti, di ascoltare e di sperare”.

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