Intervento
22 Dicembre 2025 11:45:00
Un comunicato stampa durissimo quello firmato dal consiglio direttivo della Camera Penale di Asti che raggruppa gli avvocati penalisti di Asti e Alba. Arriva dopo giorni di linciaggio social nei confronti dei due conducenti delle Porsche che sono accusati di essersi sfidati sulla Asti-Alba coinvolgendo tragicamente una Fiat 500 sulla quale viaggiava Matilde Baldi, la ragazza di 20 anni deceduta dopo cinque giorni di coma irreversibile all'ospedale di Alessandria.
La Camera Penale, presieduta da Davide Gatti, ha deciso di intervenire per riportare tutti ad una visione più ragionata di questa pur drammaticissima vicenda umana prima che giudiziaria.
Di sequito il testo integrale dell'intervento.
«In riferimento al moltiplicarsi dei commenti di giornalisti, opinionisti più o meno referenziati, leoni da tastiera e quanti altri sono intervenuti sulla nota e tragica vicenda in occasione della quale ha perso la vita la povera Matilde Baldi, il Consiglio direttivo della Camera Penale di Asti non può esimersi dal rilevare come si stia assistendo ormai da giorni ad un vero e proprio imbarbarimento del dibattito e al tentativo di costruire un pressing mediatico per influenzare e minare l'indipendenza della magistratura nelle delicate decisioni che sarà chiamata ad assumere in un agone che si prospetta divisivo, rumoroso e che poco ha a che fare con il diritto e i diritti.
Assolutamente deprecabili sono le parole rivolte ai soggetti processuali, avvocati e magistrati, tanto più se proiettate verso sentenze non ancora pronunciate e fondate su notizie che in questo momento non sarebbero divulgabili e soprattutto non sono verificate.
Se è vero che è legittimo e doveroso per i giornalisti dare una notizia, è altrettanto vero che appare scriteriato fornire informazioni sbagliate e notizie relative a significativi dati del tragico sinistro stradale che al momento sono indiscutibilmente coperti dal segreto istruttorio e che solo una perizia, non ancora nemmeno iniziata, potrà eventualmente confermare.
Ancora più gravi e inaccettabili, segno di quell'imbarbarimento e degrado culturale cui abbiamo fatto riferimento, sono poi le decine di commenti che leggiamo sui social, a margine dei citati articoli giornalistici con i quali si invoca la pena di morte, la giustizia senza processo, la consegna dei protagonisti alla folla affinchè si faccia quella giustizia che, invece, la legge negherebbe.
Non è certamente solo un problema di presunzione di innocenza, quanto innanzitutto di civiltà; ormai da tempo, anche a proposito di altri casi mediatici, assistiamo ad un vero e proprio processo di piazza, nel quale si vorrebbe far passare come legittima la giustizia domestica, dove si vorrebbe autorizzare chi subisca reati a reagire sparando, così come punire fuori dal processo chi se ne sia reso responsabile; oltretutto con pene che la legge non prevede e che ormai da decenni sono state messe al bando. Per qualunque reato!
In Italia non c'è la pena di morte! In Italia non c'è sentenza senza processo! In Italia non è ammessa la consegna al popolo dei presunti responsabili!».
Aut. Tribunale di Asti n. 61 del 25/09/1953
Direttore Fulvio Lavina
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