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Intervista

L'Analisi tagliente dell'ex bianconero Domenico Marocchino: "La Juventus è monocorde"

L'ex attaccante della Juventus, ospite di "Pinta di Sport", si racconta tra aneddoti spassosi del suo passato bianconero con Boniperti e Zoff e una critica lucida alla gestione sportiva attuale

L'Analisi tagliente di Domenico Marocchino: "La Juventus è monocorde e il calcio moderno pieno di falsi miti"

Profondo, loquace, mai scontato. Domenico Marocchino, ex gloria bianconera, è stato ospite della "Pinta di Sport" del FuoriLuogo Asti e non ha lesinato valutazioni e aneddoti sul calcio attuale. L'ex attaccante si è raccontato tra aneddoti spassosi del suo passato bianconero con Boniperti e Zoff e una critica lucida alla gestione sportiva attuale.

La Juventus e la Serie A Attuale

Come valuti l'attuale rosa della Juventus, paragonandola metaforicamente a un piatto?

Io cerco sempre di valutare la squadra come quando ho voglia di mangiare un'insalata mista, dove ci sono diversi ingredienti con colori e caratteristiche diverse che gratificano anche la vista. A mio parere personale, la Juventus è abbastanza monocorde da questo punto di vista. Se in certi reparti hai una rosa di giocatori che hanno quasi tutti le stesse caratteristiche, hai poche possibilità di modificare qualcosa nel gioco. Secondo il mio modesto parere, la Juventus non è attrezzata bene per competere contro le squadre di vertice.


C'è grande attesa attorno a Kenan Yildiz. Qual è il tuo giudizio sul giovane talento?
Yildiz è sicuramente un ottimo giocatore. Un grande giocatore, un fuoriclasse, riesce a prendere tempo e spazio: salta l'uomo e prende 1 metro, mentre un giocatore bravo salta l'uomo e ne prende 40 centimetri. A mio parere, Yildiz non ha questa caratteristica.
Si parla spesso di "progetto" nel calcio, un termine che sembra fondamentale. Cosa ne pensi di questa parola e della sua applicazione alla Juventus?
Spero sempre di finire una trasmissione senza che venga usato il termine "progetto", perché è una parola abusatissima. Un altro termine abusato è "bisogna lavorare", come se quelli prima si grattassero tutto il giorno. La terminologia usata per descrivere l'ambiente andrebbe presa con le pinze. La Juve, pur non potendolo dire pubblicamente, può pensare di cercare di arrivare quarta. Gli allenatori, per gestire l'ambiente e il gruppo, sono obbligati a dire delle cose abbastanza scontate.

I Miti Bianconeri: Boniperti, Zoff e il Trasferimento ad Avellino

Il tuo legame con la Juventus è iniziato in modo insolito, incontrando Boniperti quando eri bambino a Tronzano Vercellese. Come è successo?
Ho cominciato a giocare a pallone a Tronzano, davanti alla chiesa di San Martino. Conobbi Boniperti che avevo 10 anni perché, quando si fermava a mangiare in una trattoria di Tronzano, mio papà, sapendo che era lì, mi portò a conoscerlo. Anni dopo, quando mi presero che avevo 13 anni, mi chiamò in sede perché si ricordava chi ero, dato che aveva una grande memoria.
C'è un aneddoto famoso in cui hai perso il pullman della squadra per una trasferta. Cosa successe?
Mi sono svegliato in ritardo e mi sono precipitato allo stadio, il guardiano, che rideva, mi ha detto di raggiungere la squadra. Li ho raggiunti tra Cremona e Brescia. Quando sono arrivato in autostrada ho suonato il clacson e si sono alzati tutti i big che facevano il sogno dei soldi di multa che avrei dovuto pagare.
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E Boniperti come ti accolse dopo l'inseguimento?
Quando sono arrivato nell'albergo ero pallido. Gli sono andato incontro e lui mi ha detto: "Ma non ti sei fatto la barba?". Io gli dissi che avevo due ore di ritardo e che mi sarei dissanguato, ma lui mi rispose: "Comunque questa barba ti costa 3 milioni". Un'altra volta, prima del riscaldamento, un massaggiatore mi chiese che riscaldamento facessi, visto che mancavano tre minuti all'arrivo dell'arbitro. Boniperti alzò la testa e disse: "Si scalda con le more".
Eri in camera con Dino Zoff. Che tipo di compagno era?
Essere in camera con Zoff era come essere in camera con mio nonno. Io lo chiamavo il "ventriloquo". Una volta che lui era coricato a leggere la Gazzetta dello sport e io avevo il portacenere pieno di sigarette, gli chiesi se fumassi troppo. Dino alzò la testa e mi disse solo: "Contieniti".
Il tuo trasferimento all'Avellino fu deciso da Boniperti con una frase che ti rimase impressa...
Boniperti mi fece sedere nel suo ufficio, mi guardò e mi disse: "Lo sai che ti voglio bene?". Io gli dissi che iniziavamo male. Lui mi rispose: "Guarda, è una scelta che ho ponderato molto, lo faccio per il tuo bene, ti mando all'Avellino". Mi aveva anche detto: "Ti voglio bene come un figlio". Io, che ho sempre la battuta pronta, gli risposi che se ero suo figlio pensavo di avere due fratelli e che poteva andare uno di loro ad Avellino.

Allenatori e Compagni di Squadra

C'è un allenatore attuale con cui ti sarebbe piaciuto lavorare per le idee e la personalità?
Ci sono due allenatori che mi affascinano. Uno è Giampiero Gasperini, a cui ho chiesto se mi farebbe giocare nella sua squadra e lui mi ha risposto di no, perché gli toccherebbe correre anche per me. Gasperini è un artigiano e mi stuzzicherebbe. Lui ha detto no alla Juve per due ore, perché aveva dato la parola alla Roma e sulla parola data non ha cambiato idea. L'altro è Conte, perché ti dà l'impressione che sia in campo con te.
Chi è stato, tra gli allenatori, il più colto e simpatico che hai conosciuto?
Ho avuto un allenatore eccezionale a Bologna che si chiamava Bruno Pace. Era l'allenatore più colto e più simpatico che abbia conosciuto io. È l'unico allenatore che ho visto fumare sotto la doccia.

Ci sono due allenatori che mi affascinano. Uno è Giampiero Gasperini, è un artigiano e mi stuzzicherebbe. L'altro è Conte, perché ti dà l'impressione che sia in campo con te

Hai avuto la fortuna di giocare con grandi campioni. Chi ti è rimasto più nel cuore?
Ho avuto la fortuna di giocare con due grandissimi giocatori e due persone eccezionali: Paolo Rossi e Gaetano Scirea. Erano persone molto divertenti e molto allegre, capaci anche di andare al di là delle bandiere, venendo ammirati trasversalmente a prescindere dalla maglia.
C'è un aneddoto particolare che ti lega a Paolo Rossi?
Ero molto amico di Paolo Rossi e, sapendo che gli piacevano le ragazze, andavo a casa sua e non mi smuovevo, stando lì fino alle 3 del mattino, pur di non farlo uscire per un appuntamento. Una volta mi disse che dovevo andare via perché aspettava qualcuno, ma io, curioso, non me ne andai. Mi arrampicai su un albero che dava sulla sala vetrata della sua casa. Peccato che non avevo calcolato lo spessore del ramo e il ramo si è rotto, facendomi urlare e cadere dalla pianta, rovinando il suo appuntamento.

La Carriera e le Emozioni

Qual è il fotogramma più emozionante della tua vita calcistica?
Non sono le cose da professionista, ma la prima volta, da ragazzino di paese, dopo un provino durato un quarto d'ora, quando mi hanno fatto entrare nello spogliatoio. Mettere piede nello spogliatoio di una squadra di calcio è l'emozione più grande.
Guardando indietro alla tua carriera, che bilancio trai?
Dire che tutto è stato rosa per me sarebbe un errore. Porto in faccia i fischi e ho pensato che sarebbe stato meglio lasciar perdere. Il calcio mi ha amato e tradito, e ho tradito anch'io, sbagliando per paura di essere tradito. Rifarei tutto nella stessa maniera se fosse possibile. Questa frase è presa da Aznavour.
Marocchino vede il calcio come la vita e l'amore: pieno di tribolazioni che permettono di costruirsi un sogno e viverlo, ma sempre con la consapevolezza che il campo è fatto di esseri umani e non di macchine.

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