Intervista
19 Dicembre 2025 10:30:00
Vincenzo De Robertis
E’ una storia lunga 50 anni quella della Dierre, prima azienda italiana di porte blindate con sede a Villanova d'Asti, 600 dipendenti in Italia, 900 nel mondo. Un anniversario che l’azienda ha voluto celebrare proponendo un nuovo modello di showroom: i concept store, presentati ai partners della rete di vendita. Strutturati in moduli funzionali, in grado di adattarsi a diverse metrature, gli spazi sono caratterizzati da un mood architettonico minimalista dai colori neutri. Una comunicazione che alterna con equilibrio il racconto dei prodotti e delle loro prestazioni a elementi dell’identità corporate. Ogni configurazione si arricchisce di un modulo Marketing Lab, dove vengono esposti i componenti funzionali delle porte Dierre: accessori, maniglie, chiavi e serrature, ma anche finiture, rivestimenti e materiali, oltre alle infografiche delle caratteristiche tecniche e delle prestazioni di ogni prodotto.
Nata nel 1975 dalla società dei fratelli Alessandro e Vincenzo De Robertis, originari di Terlizzi (Bari), la Dierre è cresciuta negli anni fino a raggiungere i mercati esteri con hub logistici in Francia, Spagna, Polonia. In Portogallo c’è un altro stabilimento produttivo di 24 mila metri quadrati che si aggiunge alla sede storica di Villanova.
Al presidente Vincenzo De Robertis chiediamo di ricostruire 50 anni di storia dell’azienda.
Che ricordo ha degli inizi di questa lunga avventura?
«L’azienda nasce da una piccola officina di stampi che abbiamo rilevato mio fratello ed io. Alessandro aveva 24 anni, io 21. Lavoravo e studiavo ma quando c’è stata la possibilità di rilevare l’officina non ci siamo tirati indietro. Era una piccola azienda di 100 mq. Dagli stampi per gli altri siamo arrivati a produrre le porte per conto nostro. Proponevamo ai falegnami porte in acciaio, ma all’inizio erano piuttosto restii perché non c’era ancora il concetto della sicurezza in questo settore. Il rivestimento in legno è stata la chiave che ci ha permesso di far crescere il prodotto».
Come è andata la scelta di Villanova?
«Per produrre l’intera filiera delle porte blindate avevamo bisogno di più spazio. Si è presentata l’occasione di un terreno a Villanova nel 1980. All’epoca noi eravamo a Torino e non sapevo neppure dove fosse Villanova».

Vedo spazi di crescita in Polonia e in Marocco. Abbiamo 600 dipendenti in Italia e 900 in Europa, collaboriamo con Giugiaro.
«Ho uno splendido ricordo dei miei primi 8 anni a Terlizzi. Un’infanzia a piedi scalzi, la raccolta delle mandorle dalla cui vendita ricavavo un mio piccolo obolo che dividevo con la mamma. Poi l’emigrazione a Torino, nel 1962. Lo studio, il lavoro e infine l’impresa, una realtà costruita un passo alla volta fino ad oggi».
Se dovesse dire qual è stata la chiave del successo della Dierre cosa sceglierebbe?
«Le porte su misure sono state la carta vincente. Con le porte in acciaio rivestite in legno abbiamo sopravanzato tutti i concorrenti. Il lungo, il largo, lo stretto per noi sono stati un’opportunità, non un ostacolo. Porte per tutte le configurazioni. E poi la ricerca del bello. Non abbiamo fatto solo porte di sicurezza ma tecnologiche, confortevoli, termiche, acustiche, domotiche e belle. Pensavo al bello e a trasmettere un’emozione. Per le nostre maniglie abbiamo avuto la collaborazione di Giorgetto Giugiaro, per fare un esempio. Negli anni 2000 abbiamo lanciato una campagna pubblicitaria con Sharon Stone e Andy Garcia, sempre con l’idea di trasmettere emozioni e bellezza».
Tutto il processo produttivo è interno alla vostra azienda?
«Si, controlliamo l’intero processo, dall’anima delle porte in acciaio, al rivestimento in legno. Quando abbiamo avuto la possibilità di rilevare un’azienda di serrature abbiamo avuto il controllo completo dell’intera produzione. Abbiamo sviluppato anche la parte domotica con la ricerca tecnologia. L’unica parte che non viene prodotta in azienda è quella della maniglieria e che sviluppiamo con dei partners tedeschi».
Ci sono ancora spazi di crescita per la sua azienda?
«Abbiamo puntato ad un’espansione da subito. C’è stata la crisi nel 2003 che ci ha un po’ fermato ma oggi possiamo considerarla superata. Vedo spazi di crescita in Polonia dove c’è un’economia in forte sviluppo. Anche il mercato del Marocco è interessante, anch’esso in crescita e più stabile politicamente per cui ci sono buone possibilità».
Aut. Tribunale di Asti n. 61 del 25/09/1953
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