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Alessia Sasso, danzatrice astigiana diplomata alla Scala

Una passione nata da giovanissima, il sogno che si realizza: ripercorriamo i sacrifici di una atleta di talento

Alessia Sasso, danzatrice astigiana diplomata alla Scala

“La danza è la madre di tutte le arti. La musica e la poesia esistono nel tempo; la pittura e l’architettura nello spazio. Ma la danza vive contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Prima di affidare le sue emozioni alla pietra, al suono, l’uomo si serve del suo corpo per organizzare lo spazio e ritmare il tempo”. Una scultura in movimento, l’espressione aggraziata di eleganza, personalità, fascino, attraverso la perfetta sincronia tra fisico ed emotività. Tra le magnifiche espressioni di questa straordinaria forma d’arte figura certamente anche un’eccellenza astigiana, Alessia Sasso. Sorella di Vittorio, calciatore mancino di talento, con presenze in Serie D nell’Asti, divenuta grande prima di altri, quando a soli tredici anni ha scelto di inseguire con abnegazione e consapevolezza il suo sogno di diventare una ballerina. Dopo la conclusione delle Scuole Medie, Alessia è “volata” a Milano, per studiare all’Accademia della Scala, straordinaria fucina di talenti. Dopo sei anni di fatiche e impegno, nel 2020 ha completato l’ottavo corso e ottenuto il diploma di scuola e danza.
Alessia, un traguardo prestigioso che ha radici profonde: come nasce l’amore per questa disciplina?
«Avevo solo tre anni e iniziai per gioco, ad Asti. Dopo un po’ di tempo tutto divenne più serio e impegnativo: mi sono allenata per anni ad Alessandria, e mia mamma mi portata quotidianamente. Sono cresciuta con gli insegnamenti di Sabrina e Douglas, i miei maestri».
Dopo anni di impegno è arrivata l’occasione della vita…
«Su spinta dei miei istruttori feci dei provini a Zurigo, Parigi e Milano. A Parigi superai il primo test, ma non il secondo, in Svizzera invece fui immediatamente presa. A Milano passati il primo provino ad aprile e, dopo un mese di prova, cominciai il mio percorso alla Scala, con la danza classica come specialità, alternata alla contemporanea».
Quanto fu difficile a tredici anni lasciare Asti e gli affetti?
«Non fu affatto semplice. Sono molto legata alla mia famiglia, staccarmi da mia mamma Lidia, che mi ha sempre supportato e sostenuto, fu un passo complesso, una decisione che in un certo senso metteva paura. A Milano, però, ho trovato tante amiche e compagne di studi, oltre che due persone straordinarie come i nostri tutori, Rino e Lucia».
Come si svolge la settimana tipo di una danzatrice in erba?
«Ci alleniamo sei giorni alla settimana. Frequentavo il liceo dalle 16 alle 20,30, dal lunedì al venerdì, mentre la mattina era dedicata alle lezioni, solitamente di un’ora e mezza di tecnica e un’ora suppletiva di “punta”, contemporanea o di repertorio».

 

Articolo completo sull’edizione di venerdi 11 settembre 2020

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