Per Andrea Coghe indossare la casacca di San Martino San Rocco nel Palio 2016 costituirà un ritorno e una continuazione. Ritorno perchè Andrea una decina di anni addietro, al seguito del padre
Per Andrea Coghe indossare la casacca di San Martino San Rocco nel Palio 2016 costituirà un ritorno e una continuazione. Ritorno perchè Andrea una decina di anni addietro, al seguito del padre Massimo, aveva già conosciuto piuttosto bene l'ambiente biancoverde, e continuazione in quanto toccherà a lui riprendere il discorso che il suo illustre genitore aveva sviluppato dal 2005 al 2007, andando in due circostanze ad un soffio dal trionfo.
Andrea, l'ingaggio a San Martino rappresenterà per te una sorta di tuffo nel passato…
«Si, lì babbo ci ha corso per tre anni di fila ma la fortuna non gli fu amica. Io lo seguivo passo passo ed ebbi modo ai tempi di diventare amico di un gruppo di ragazzi con i quali sono rimasto in contatto. Uno di questi è l'attuale Rettore, Daniele Bruzzone: la sua chiamata mi ha fatto particolarmente piacere. Lavorerò in un ambiente che già conosco.»
Oltre a quanto hai sottolineato finora, c'è stata un'ulteriore molla che ti ha spinto ad accettare l'offerta biancoverde?
«Personalmente credo molto nel lato umano, per il sottoscritto gioca un ruolo importante. Anche se quelli del Palio saranno giorni di lavoro, sapere di avere a che fare con persone particolarmente "vicine" mi sarà di supporto.»
E' stato difficile staccarti da Moncalvo, un Comitato col quale avevi instaurato un rapporto piuttosto forte?
«Sicuramente ci sono ambienti che più di altri ti fanno stare bene, ma bisogna capire quando è il momento di voltare pagina. E io ho ritenuto opportuno andare a cercare altrove nuove motivazioni. Tra l'altro correrò in un Comitato importante, uno di quelli che puntano sempre in alto.»
Ambizioni?
«In qualsiasi Palio che affronto ho un unico obiettivo: vincere. E sarà così anche nel 2016. Non sono uno che si accontenta. Punto a centrare una vittoria di prestigio, sarebbe importante sia per la dirigenza che mi ha ingaggiato sia per il mio "palmares" personale. Asti mi ha sempre affascinato: è un Palio difficile, si corre su una pista molto tecnica. Si è addirittura in ventuno a contendersi il successo.»
Parliamo di cavalli: qual è attualmente la situazione nella tua scuderia?
«Ho due purosangue, quello con cui ho corso a Moncalvo nel 2015 e una cavalla di quattro anni acquistata da poco. A questi di recente si è aggiunto un terzo soggetto. L'anno passato sono uscito da Piazza Alfieri come mai avrei voluto. Purtroppo l'esemplare che ho portato al canapo e nel quale credevo ciecamente è stato colpito da un virus che ne ha del tutto compromesso il rendimento. Soltanto dopo tutta una serie di accurate analisi nel post Palio è emersa la gravità della situazione: prima della corsa avrei dato del pazzo a chi mi diceva che con quel cavallo non sarei andato in finale.»
A quale punto della tua carriera ritieni di essere? Sei in ritardo sui tempi di marcia che ti eri prefissato?
«Nei grandi Palii ho sempre montato: Asti, Legnano, Ferrara, Fucecchio… A Siena nell'agosto 2015 mi è andata male. Potevo esordire nella Selva se Giovanni (Atzeni, n.d.r.) fosse andato nell'Istrice, invece…»
Da uno a dieci quanto contano per te i Palii di Siena, Asti e Legnano?
«Siena 11, Asti e Legnano 10.»
Che cosa ti aspetti dall'annata 2016?
«Ti rispondo così: il 2015 fino a maggio fu fantastico e vorrei che tutto andasse nello stesso modo anche nel 2016. Auspico però che la buona sorte a metà anno non mi abbandoni, così da poter vivere un'intera stagione ricca di soddisfazioni.»
Che cosa prometti a San Martino San Rocco?
«Promettere è un verbo che non mi piace molto. Darò tutto me stesso, mi impegnerò a fondo per fare felice i miei borghigiani.»
Sarai presente alle riunioni allo stadio?
«Le corse sull'ovale dello stadio sono poco funzionali per il Palio a mio parere. Ma se ci sarà da provare un purosangue o magari fare una gara per completare un programma d'allenamento salirò ad Asti.»
Due domande un po' particolari per chiudere. La prima: qual è la dote migliore che hai ereditato dal babbo?
«L'amore ed il rispetto nel trattare i cavalli.»
E qual è invece quella che non hai ereditato ma che avresti voluto ti venisse trasmessa?
«Babbo ha una sensibilità e una competenza tale nell'agire con i cavalli che pochissimi possiedono. Lui riesce a fare cose che altri allenatori e preparatori manco si sognano. Anzi ti dirò di più, rinuncerebbero in partenza, non ci proverebbero neppure. E' una dote innata, solo lui la possiede.»
Massimo Elia