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Finisce l'epopea del Callianettodominatore del tamburello
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Finisce l'epopea del Callianetto
dominatore del tamburello

Ci sono situazioni, storie e periodi, in diversi ambiti, che vengono vissuti con tale intensità e partecipazione da far pensare che non possano mai finire. Nel panorama sportivo locale un sogno

Ci sono situazioni, storie e periodi, in diversi ambiti, che vengono vissuti con tale intensità e partecipazione da far pensare che non possano mai finire. Nel panorama sportivo locale un sogno volato via troppo in fretta fu la Saclà, fine anni sessanta primi anni settanta. Le telecamere della Rai nel già allora troppo angusto palazzetto, con Aldo Giordani a commentare in una improvvisatissima postazione a due metri dalla linea laterale del campo, regalarono alla pallacanestro astigiana, e ancor più alla città, una visibilità ed un risalto eccezionali. Poi fu la volta della pallavolo, con la Pivato Mobili e la Riccadonna ad illuminare una realtà che, quanto a strutture, non era però purtroppo decollata. Anche il calcio regalò agli astigiani bei momenti nella prima metà degli anni ottanta. Rapida meteora, fagocitata da un mondo che già allora viveva di cifre assurde ed era pilotata da “piratesche” figure che male accettavano il crescere di nuove realtà, anche se minori. Pallacanestro, pallavolo e calcio dovettero chiudere i battenti.

Dopo un buco temporale durato oltre quindici anni è esploso un altro fenomeno, stavolta però molto più “nostro”, perché maturato all’interno di una disciplina, quella del tamburello, dove da sempre Asti e la sua provincia hanno scritto pagine e recitato ruoli di primissimo piano. Non più una meteora però, ma un dominio assoluto durato oltre un paio di lustri… Da tanto dura l’epopea del Callianetto di un illuminato ed innamoratissimo del tamburello che di nome fa Alberto Fassio. Nel maschile dieci scudetti, dieci coppe Europa, l’ultima conquistata appena ieri l’altro, nove coppe Italia e otto Supercoppe. Nel conto dobbiamo mettere pure cinque titoli tricolore, cinque coppe Europa, sei coppe Italia e cinque Supercoppe, trofei conquistati in ambito femminile. Complessivamente sono 58 (sì, avete letto bene, cinquantotto) trofei. E al termine della stagione in corso non è azzardato ipotizzare che la somma arriverà a quota sessanta. Il presidente Fassio, che in tutti questi anni ha ingaggiato e portato in dote al pubblico del “Prospero Dezzani” i migliori campioni della disciplina, ha ora deciso di dire basta. Una decisione difficile, sofferta, ma ponderata.

La difficile situazione economica (ma non solo, perché i motivi sono certamente anche altri) lo ha indotto a decretare il “game over”. Un’avventura formidabile, una galoppata inarrestabile che porta il nome di due tecnici, Aristide Cassullo e Stefania Mogliotti, citati in ordine temporale, entrambi vincitori di cinque scudetti. Oltre a tutta una serie di giocatori che hanno contribuito con le loro prestazioni a tenere altissimo il blasone del Callianetto. Due soltanto di quelli attualmente in forza al team hanno vinto tutto: Manuel Beltrami e Giorgio Cavagna, i capitani storici. Giusto citarli, convinti di non offendere chi, in seguito a parentesi in altre società, non ha festeggiato “in toto”. In chiusura quattro nomi, anche loro artefici, nel tempo, con la loro dedizione ed il loro lavoro, dell’epopea dello squadrone più grande di sempre: Carlo Borio, Lorenzo Monticone, Nazario Tirico e Beppe Tirone. Era doveroso.

Massimo Elia

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