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“Ho visto Maradona”: quando il Pibe venne in città

Lo chef Toni Muscillo e Giovanni Boccia raccontano la visita del campione all’Hasta Hotel nella primavera del 1988

“Ho visto Maradona”: quando il Pibe venne in città

“Ho visto Maradona” era il “claim” più celebre del calcio degli Anni Ottanta e Novanta. Un inno all’amore per il football di qualità, l’estro e la fantasia. I tifosi del Napoli hanno eletto a proprio re Diego Armando Maradona, hanno pianto di gioia per i due scudetti conquistati, e di dolore per la sua morte. L’hanno adorato come un dio, il dio del pallone, a tal punto dall’avere il cuore (e il tifo) diviso a metà, quando, ai Mondiali di Italia 90, la “selecion” argentina sfidò in semifinale la Nazionale italiana di Azeglio Vicini. Si giocava in Italia e col numero dieci, in maglia albiceleste, giocava “El Pibe de Oro” un campione tanto grande dal non avere maglie o bandiere. Così straordinariamente dotato sul terreno di gioco quanto fragile e caduco nella vita, ricca di eccessi e zone buie. Ma il “Pibe” era così, prendere o lasciare. A sei giorni dalla scomparsa lo ricordiamo, ancora feriti dalla sua morte a soli sessant’anni, nel suo breve soggiorno astigiano, nel 1988. Tre giorni in cui gli appassionati di sport fecero a gara per raggiungere l’Hasta Hotel dove alloggiava il suo Napoli.

Il ricordo dello chef

Anche Asti ha accolto durante la sua prestigiosa carriera con la maglia del Napoli Diego Armando Maradona: una visita fugace, di tre soli giorni, dal venerdì alla domenica, prima della gara esterna dei partenopei contro la Juventus. Era il 17 aprile del 1988 e la “Vecchia Signora” del calcio superò nella circostanza la formazione campana allenata da Ottavio Bianchi con il punteggio di 3-1. A testimoniare l’episodio giunge il conforto di chi, come lo chef Toni Muscillo, attuale titolare del Brigantino Lucano in località Viatosto, era in servizio all’Hasta Hotel durante gli Anni Ottanta. «La mia strada si è incrociata in due circostanze con quella di Diego Armando Maradona – racconta Muscillo – Quando il Napoli lo acquistò dal Barcellona stavo svolgendo servizio militare proprio in città. Ricordo l’entusiasmo della gente. Ogni ristorante aveva la “pizza Maradona”, ognuna diversa dall’altra. Fu accolto come un re e rese grande il Napoli». «Nel 1988 – prosegue – svolgevo servizio all’Hasta Hotel di Valle Benedetta. Avevo vent’anni e lavoravo in cucina con Stefano Alianelli e Luigi Cirillo. Era la gestione del commendator Nosenzo, a Valle Benedetta arrivavano tutte le squadre d’Italia, come Sampdoria, Brescia, Verona e Fiorentina. Il Torino, poi, era solito svolgere il ritiro pre-partita sempre presso il nostro albergo. Nel 1990 venne ospite in città il Brasile di Lazaroni, che fu sconfitto ai Mondiali italiani proprio dall’Argentina di Maradona». «Il Napoli si recò ad Asti in una sola circostanza, nella primavera del 1988 – ricorda Toni – Arrivò il venerdì e ripartì nella mattinata di domenica, dopo il pranzo e prima della gara contro la Juve. Il Torino giocava in trasferta invece. Maradona fu molto disponibile, fece fotografie con tutti i membri dello staff e si fermò a palleggiare davanti all’ingresso dell’hotel».

Il tifoso speciale

A ricordare l’arrivo del “Pibe de Oro” è anche Giovanni Boccia, consigliere comunale di maggioranza: «Sono nato a Napoli e da sempre tifoso partenopeo. Ricordo ancora quando arrivai ad Asti a fine Anni Sessanta e scambiai la nebbia per il fumo dei treni, e, da buon campano, non ancora trentenne, fui entusiasta della presenza della squadra di Bianchi all’Hasta Hotel nel 1988. Diego portava con se interesse e clamore, era evidente l’impiego di parecchie forze dell’ordine per tutelare la squadra e il campionissimo. Come tanti appassionati provai a fargli visita a Valle Benedetta, recandomi all’Hasta Hotel con la mia Cinquecento assieme a un caro amico juventino. Non ci fecero salire, i controlli erano tanti e la folla ovunque. Ebbi però una fortuna, il sabato prima della partita: trovandomi all’angolo del Bar Cocchi, che veniva chiamato “angolo dei fessi”, luogo di ritrovo per tutti all’epoca, vidi passare l’autobus del Napoli, con, accanto al finestrino, proprio Diego Armando Maradona», conclude Boccia.
Molto spesso, quando scompare una stella, ci soffermiamo a giudicarne le diverse sfaccettature, la vita privata e quella pubblica: in questo caso crediamo sia legittimo celebrare un eroe dello sport, il più grande di tutti i tempi nel suo ambìto. Ha sbagliato, è caduto tante volte e si è rialzato, ci ha lasciato troppo presto, ma tra tante domande, sulle sue scelte e sui suoi trascorsi, abbiamo una enorme certezza, il suo amore per il calcio. «Se fossi a ua cerminoia vestito di bianco e mi arrivasse un pallone infangato non avrei dubbi: lo stopperei». Diego era questo, unico e inimitabile nell’interpretare il ruolo, quello di calciatore, che gli dei avevano creato per lui. Diego era il calcio, e con lui muore parte di esso. Lo amava, forse ancor più della vita stessa.

Articolo completo sull’edizione di martedì 1 dicembre del nostro giornale

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