Dall’altare…alle polveri. Un campione lasciato solo. Marco Pantani è senza dubbio uno dei più grandi sportivi italiani degli ultimi trent’anni, per certi versi il più iconico e tormentato. Campione straordinario sulle due ruote, fragile e volubile lontano dai riflettori. Un uomo ucciso due volte, recita il “claim” del libro di Davide De Zan “Pantani è tornato – Il complotto, il delitto, l’onore”. Tutti ricordano le immagini del “Pirata” scortato dai carabinieri a Madonna di Campiglio, il 5 giugno 1999. Un numero, 53, il valore del suo ematocrito al controllo, gli costa un Giro d’Italia condotto trionfalmente.
Per qualcuno, quel giorno svanisce un mito. Per Marco è il mondo stesso a crollare. Perde la maglia rosa, l’onore e l’amore per le due ruote. È una discesa all’Inferno, che Pantani compie scalino dopo scalino e si consuma tragicamente il 14 febbraio di cinque anni più tardi in un residence di Rimini, dove viene trovato morto, solo e lontano dalle luci che l’anno abbagliato durante le sue formidabili scalate e le tante vittorie. Overdose. Qualcosa di molto simile a un suicidio.
Qualcuno continua a nutrire dubbi su quella conclusione ma servono nuovi elementi e molto coraggio per spingere la magistratura a riaprire il caso.
Tre persone non hanno mai smesso di lottare per restituire l’onore a Marco e trovare, finalmente, la verità. Tonina, la mamma, Antonio De Rensis, l’avvocato della famiglia, e il giornalista Davide De Zan, figlio del grande Adriano, celebre narratore di tanti anni di imprese ciclistiche, ostinato e coerente amico di Pantani.
Attraverso il suo libro il lettore arriva a nutrire più di un dubbio su come si sia conclusa l’esistenza di un mito. I quesiti ci assillano, resta la certezza che nel giorno degli Innamorati un campione è stato lasciato morire solo, abbandonato alle sue debolezze. Forse, al netto delle sue fragilità, siamo tutti un po’ colpevoli di aver dimenticato prima ancora l’uomo del mito.