Lucas D’Angelo è tornato a casa, per vestire nuovamente la maglia del Monferrato Rugby in qualità di responsabile del minirugby e formatore dei tecnici. Un “acquisto” da parte del sodalizio astigiano che può solo aumentare il blasone del Club, certo di riportare in città un gigante della palla ovale nazionale. Dieci anni da direttore tecnico e capo allenatore al Cus Torino con tanti risultati a livello juniores e seniores sono un ulteriore biglietto da visita di un tecnico argentino che negli anni ha maturato importanti esperienze in Italia e Gli USA e che ha le caratteristiche per compiere un percorso virtuoso nello sport. Una nuova sfida quella al Monferrato, che si abbina a un’attività formativa e innovativa che sta conquistando grande credito, quella di formatore e “team builder”.
Lucas, come affronti questa nuova esperienza al Monferrato?
Una nuova sfida, mi incuriosisce lavorare con i bambini, il mio obiettivo è quello di trasmettere quelli che sono i valori del nostro sport, ai giovani e alle loro famiglie. Ho iniziato semplicemente scendendo in campo come atleta da quando avevo 5 anni fino ai 38 e successivamente come coach ma sono diventato costruttore di squadre e formatore di cultura e sono 43
anni che faccio parte di una squadra conoscendone e alimentando le dinamiche di gruppo. Nel rugby non c’è il culto del singolo, è il manifesto dello sport collettivo
Come nasce questa idea di sviluppare il progetto di team building?
Nasce proprio dal campo. Da rugbista ho imparato che ogni azione ha senso solo se inserita in un sistema di squadra. Ho notato quanto questa dinamica fosse potente anche fuori dal campo: nelle aziende, nei team di lavoro. Così è nata la mia proposta: usare la metafora del rugby per trasmettere soft skills fondamentali. A livello aziendale c’è una richiesta costante di questo tipo di iniziative, per misurarsi in un ambito diverso fuori dall’azienda: comunicazione, costruzione della fiducia, leadership, sono le soft skills più ricercate da coach sportivi e manager. Il Team Building è uno step prezioso per formare e ottenere risultati.
In che cosa ci si allena?
Si sviluppano temi che si mettono in gioco in una partita vera. Leadership, ascolto attivo, comunicazione efficace, capacità di risolvere problemi sotto pressione. Ma anche rispetto delle
regole, disciplina, continuità. Tutte situazioni del gioco di rugby che coincidono con quelli richiesti nel lavoro. La giornata nasce come una partita. Il primo tempo in aula, dove introduciamo i concetti chiave con esercitazioni, giochi di ruolo e attività sulla leadership. Nel secondo tempo si scende in campo: esercizi fisici adattati e giochi sfidanti; Infine, c’è il terzo tempo: il momento conviviale dove si riflette, si condivide. Ogni azienda ha esigenze diverse. C’è chi ha bisogno di rinforzare la comunicazione interna, chi di sviluppare la leadership, chi vuole lavorare sul problem solving. Posso adattare i contenuti, il tono e persino il luogo.
Qual è il tuo obiettivo finale?
Ho lavorato con aziende ospedaliere, aziende di servizi, fondazioni, collegi universitari, scuole di business, aziende cinematografiche, assicurazioni, studi di architettura sviluppando la cultura del lavoro e il “gioco” di squadra. Porto autenticità e spingo i partecipanti ad aprirsi in un contesto diverso dall’ambiente lavorativo. Porto le persone a mettersi in discussione, in uno sport che è il manifesto del “lavoro di squadra”, il “team building”. Lo faccio con il linguaggio del rugby, che è concreto e straordinariamente umano.