Un calciatore sbocciato ad Asti è nella storia: Moise Kean, attaccante di razza, ha mosso i primi passi calcistici, al Don Bosco e ai galletti dell’Asti Calcio
Un calciatore sbocciato ad Asti è nella storia. Un sabato sera di gala e da record per Moise Kean, attaccante di razza nato a Vercelli il 28 febbraio del 2000 che nella nostra città ha mosso i primi passi calcistici, al Don Bosco e ai galletti dell’Asti Calcio. Le tappe successive le due corazzate del capoluogo piemontese, il Torino prima, la Juventus poi, con cui ha segnato a raffica guadagnandosi la Nazionale azzurra giovanile e un ruolo da titolare nella Primavera di mister Grosso nonostante i soli 16 anni. Subentrato al croato Mandzukic nella partita col Pescara dello scorso fine settimana, è il primo giocatore del 2000 ad aver debuttato in serie A. Con alcuni dirigenti e tecnici astigiani andiamo a conoscere meglio il baby fenomeno.
Remo Turello: «Furono Silvano Benedetti e Antonio Comi a volere Moise su segnalazione di Renato Biasi. Comunque, faceva già la differenza pur giocando con ragazzi che avevano due anni più di lui».
Renato Biasi: «Era un bambinetto che veniva al campo per accompagnare il fratello Giovanni, impegnato all’epoca con i ’93 dell’Asti. Anche Moise si esercitava con la palla pur non essendo ancora tesserato. Io notai subito una cosa: era più bravo dei nostri ’98. Successivamente lo portai al Torino e, al compimento dei 10 anni, la società granata lo faceva già giocare con i ’98». «Il suo esordio in serie A – continua Biasi – è stato per me motivo di grande soddisfazione. Vorrei dare però un consiglio al ragazzo: fino a questo momento le sue qualità lo hanno portato ad eccellere sugli altri ragazzi, ma ora comincia il difficile. Mi auguro quindi che faccia la propria strada con molta umiltà». Corrado Buscemi: «Lo ricordo da bambino quando non aveva ancora l’età per giocare. Accompagnava sempre il fratello e giochicchiava con i ragazzi che allenavo io, tra i quali, appunto, Giovanni. Aveva già qualcosa in più rispetto agli altri, e si notava questo particolare da come trattava il pallone calciando contro il muro. Il merito di questa scalata alla massima divisione è tutto suo. Del resto, si vedeva già che era nato per giocare a calcio e che aveva la “fame” per emergere». Luca Agoglia: «Io e Luca Rabellino lo allenavamo con i Primi Calci del Don Bosco. Moise aveva solo 6-7 anni, ma era già molto bravo e, in lui, si intravedeva il talento. Gli auguro tanta fortuna».
Davide Chicarella e Gianni Truffa