Un fisico statuario da far invidia a un trentenne, la solita strabordante personalità, il suo essere vero sino in fondo, senza filtri. Venerdì scorso, 22 aprile, nell’ambito della cena benefica a corollario della manifestazione, andata in scena “Da Mariuccia” a Pratomorone, Stefano Tacconi si è raccontato ai nostri microfoni con la consueta naturalezza, al fianco di altri due ex Serie A, Marco Roccati e Davide Micillo, cresciuto proprio sotto l’ala protettiva del numero uno umbro alla Juventus.
Stefano, ripercorrendo la tua carriera emerge come tu sia entrato nella storia nella ristretta cerchia di calciatori capaci di vincere tutte le Coppe Europee…
Era una Juventus straordinaria, un gruppo formidabile. Quelle Coppe, come gli scudetti e le Coppe Nazionali, le sfoggio con soddisfazione sulla copertina di “Junic”, la mia biografia.
Che ricordo hai della Coppa Campioni vinta all’Heysel? Una serata maledetta…
Non è concepibile che degli spettatori perdano la vita per assistere a una partita, e proprio per questo ho scelto di inserire nella mia biografia immagini forti di quella serata, per ricordare le tante vittime. Alcuni calciatori bianconeri, me compreso, furono parte attiva per evitare gli scontri fra le tifoserie, ci accorgemmo di cosa era accaduto quando rientrammo in albergo. Oggi, come allora, quella Coppa Campioni è segnata dal dolore e la dedico ai tanti tifosi che purtroppo non ci sono più.
Se pensi alla tua partita più bella in bianconero?
Parare due rigori in finale di Coppa Intercontinentale non è da tutti, è un sogno da bambino…
Intervista completa nell’edizione di martedì 3 maggio del nostro settimanale, disponibile anche in digitale