Tre anni per portare il Museo del Grande Torino a casa, nello stadio dove i granata ricostruirono lo spirito dei torinesi e degli italiani, demolito dalla Seconda Guerra Mondiale. L’ingresso nel Consiglio di amministrazione della Fondazione Stadio Filadelfia di Mauro Caliendo, avvocato e già sindaco di San Damiano fino a un anno e mezzo fa, ha un mandato preciso: dare il via ai lavori e terminare il terzo lotto del nuovo centro sportivo, inaugurato nel 2017, vent’anni dopo la demolizione di quel che restava del “Fila”.
Lì è prevista la realizzazione degli spazi del museo, da ormai più di dieci anni in trasferta a Grugliasco. Caliendo è stato nominato nel cda della fondazione dalla Regione Piemonte lo scorso ottobre e da un paio di settimane ha assunto la carica di vicepresidente: «Per me è un’emozione enorme ricoprire questo incarico e rappresentare la Regione. Per la realizzazione del terzo lotto c’è un progetto e una spesa di massima sui 4 milioni e mezzo. La linea è tracciata, ci vogliono le approvazioni, ma tutte le parti, Città, Regione, società, rappresentanti di ex calciatori e tifosi condividono lo stesso intento».
Da pochi mesi Caliendo è anche presidente del Museo Nazionale del Risorgimento («un onore e un impegno di grande rilevanza»), tra i primi a complimentarsi per la nomina nella Fondazione Stadio Filadelfia ci sono stati il vicepresidente regionale Fabio Carosso e il presidente della Provincia di Asti Paolo Lanfranco, entrambi tifosi granata come lo stesso Caliendo: «Ricordo che quando mi portarono a vedere il mio primo derby, vinto dal Toro grazie a un gol al 90’ di Serena, parcheggiammo dentro il Filadelfia. Non saprei dire come, ma una volta entrammo anche negli spogliatoi.
L’odore di canfora di quelle stanze è una percezione che ho ancora con me». Con la campagna “Insieme per il Fila”, lanciata qualche anno fa, Caliendo ha anche acquistato uno dei seggiolini dello storico stadio: «Sono le cose non necessarie che però aiutano a vivere meglio. Quando facevo l’università andavo a sedermi sulle tribune del Filadelfia.
Per quanto fosse stanco e logoro, nella mia memoria è così pieno di significato da sembrarmi invece ancora l’esempio di modernità che fu ai suoi tempi.
In questo triennio dobbiamo completare l’opera. Non è solo un fatto simbolico, parliamo di un pezzo di storia nazionale. Deve avere l’importanza che merita».