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Una notte al fiume con Luca Pozzato

Dall’Astigiano fino al Cremonese, non c’è tratto di fiume in cui in vent’anni non abbia provato a pescare

Una notte sul fiume, siluri sui fondali e canne da pesca per provare a catturarli. La felicità per qualcuno può essere fatta anche di questi ingredienti. Per Luca Pozzato basterebbe aggiungere ancora una tenda a riva, qualche foto nel fango stringendo un esemplare di oltre due metri e ci si avvicinerebbe alla perfezione. Succede così quando si è animati da energia e passione che ti spingono ogni volta che si può sulle acque del Tanaro, del Po o di uno a caso dei suoi affluenti. Dall’Astigiano fino al Cremonese, non c’è tratto di fiume in cui in vent’anni non abbia provato a pescare: «Per me è uno stile di vita – comincia a raccontare Pozzato – non c’è nulla che mi dia un senso di avventura e di sorpresa che sia paragonabile. Nessuno sa quali pesci si nascondono nelle acque di un fiume. Imparare a scoprirlo con il tempo mi ha dato e continua a darmi enorme soddisfazione».
Ricorda come ha iniziato?
Da piccolo, il primo a portarmi a pescare è stato mio zio Sandro. Credo che fosse pesca alla carpa, come la si faceva una volta. Poi però ho iniziato a giocare a pallone, prima nelle giovanili dell’Alessandria, poi in Promozione. Ho riscoperto questa passione quando avevo più o meno vent’anni. Ho provato con i pesci di grande taglia. Da allora non ho più smesso.
Come organizza un’uscita?
Amo pescare di notte, così il lavoro non mi crea problemi e non dò fastidio a mia moglie (ride). Parto a fine giornata e ritorno all’alba della mattina dopo. Il mio compagno di avventura è ormai da sette anni Luca De Rensis, un grande amico. Il segreto per prendere i pesci non è tanto avere conoscenze e attrezzature: è avere a disposizione il tempo che ci vuole per prenderli. Quando esco siamo sempre almeno in due. Si fa un giro in barca o in gommone lungo un tratto di fiume, poi uno monta la tenda a riva, l’altro piazza le canne. La cosa migliore è quando un siluro, una carpa o un luccio abboccano perché sei riuscito a intuire correttamente come si sarebbero comportati. Li sollevo dall’acqua giusto il tempo per scattare una foto, poi li rilascio. Faccio sempre così.

Intervista completa nell’edizione di martedì 31 agosto, consultabile anche in edizione digitale

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