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«Siamo testimoni di come la donazione sia vita»
Attualità

«Siamo testimoni di come la donazione sia vita»

Ecco le toccanti storie di Simona e Alessandra: la prima ha ricevuto, la seconda ha donato il midollo osseo

Chi ha preso parte venerdì scorso alla serata di presentazione dell’associazione ADMO a Calosso, non ha più avuto dubbi sull’importanza della donazione del midollo osseo. Accompagnate dal dott. Mauro Stroppiana dell’ospedale di Nizza Monferrato c’erano infatti due ragazze che con emozione, ma senza incertezza, hanno riportato la loro esperienza. Da una parte Simona Muratore, 25 anni di Nizza, che ha ricevuto la donazione. Dall’altra Alessandra Ferraris, 37 anni di Canelli, che ha donato.

La speranza di Simona

Con dolcezza e un’ impercettibile nota di nervosismo nella voce, Simona ha voluto condividere la sua storia con gli estranei presenti per portare un messaggio potente: «la donazione è realmente vita». Quando questa ragazza si è ammalata di leucemia la prima volta era una bambina di appena 7 anni. «Avevo sempre la febbre, ero debole e spesso saltavo i giorni di scuola. Il mio pediatra decise di fare alcuni accertamenti e con le analisi del sangue scoprimmo la causa. Ero affetta da leucemia». Gli occhi di Simona che un secondo prima erano scintillanti si oscurano ricordando quel periodo, dove i giochi con gli amici, le feste di compleanno e le lezioni tra i banchi di scuola vengono sostituiti dalle flebo e dalle terapie in ospedale. «Anche se ero piccola capivo la gravità della situazione, leggevo la preoccupazione sul volto dei miei genitori. Odiavo stare in ospedale. Per fortuna ho avuto una maestra stupenda. Mi faceva recapitare una scatola con dentro i disegni dei miei compagni, compiti e piccoli pensierini». Per Simona l’incubo dura tre anni. A inizio 2000 il trapianto di midollo osseo è ancora agli albori e i medici scelgono per lei un altro percorso: la chemioterapia, alternata da terapie farmacologiche. La malattia però viene vinta e il “mostro” sembra sconfitto così Simona torna ad una vita normale. Fino a quando, nel 2009, il mostro ritorna.

«Sono stata sfortunata – racconta la ragazza – perché è insolito inciampare in una recidiva dopo così tanto tempo». Questa volta però i medici hanno optato subito per il trapianto, avviando la ricerca per individuare un donatore compatibile. Per prima cosa è stata analizzata la compatibilità coi famigliari di Simona dove però la ricerca è stata infruttuosa. Dopo di ché ci si è rivolti al registro donatori. Alla fine, salta fuori un nominativo, che per Simona resterà sempre ignoto. Dall’altra parte del mondo, nel Massachussets (Stati Uniti) un uomo di 40 anni risulta compatibile con Simona al 99,9%. Una possibilità su 100 mila. Un po’ come vincere alla lotteria, dove però in palio c’è il bene più prezioso: la propria vita.

«Quando ci è stata comunicata la notizia eravamo entusiasti perché sapevamo che era la mia ultima speranza di poter guarire – ricorda Simona – Avevo 16 anni ma ero perfettamente consapevole che quella era la mia sola chance». Fortunatamente il donatore, che ha facoltà e diritto di tirarsi in dietro fino all’ultimo, decide di donare e di mettersi a disposizione dell’equipe medica. Questo è il momento più delicato perché mentre in America il donatore, che resterà anonimo, si presta al prelievo del midollo, che avviene come un semplice prelievo del sangue, in Italia Simona viene inserita in un percorso medico preparatorio in vista del trapianto in cui il suo sangue viene ripulito dalle sue cellule “malate”.

Questo significa che se il donatore cambia idea in questo frangente, condanna a morte il malato perché non ha più difese immunitarie. «Eravamo terrorizzati. In fondo quella sacca di sangue doveva prendere più di un aereo» ironizza Simona, per la quale però la procedura va a buon fine e la ragazza, dopo un ulteriore anno di terapia e controllo medico guarisce. Oggi, questa giovane studia alla Facoltà di Medicina e sogna di specializzarsi in ematologia o pediatria.

Il dono di Alessandra

Speculare è la storia di Alessandra, che a 18 anni si iscrive all’ADMO ma che dovrà attendere 15 anni prima di essere chiamata per la donazione. «Lo ricordo come se fosse ieri: ero in piscina quando dall’ospedale di Alessandria mi hanno chiamata per dirmi che risultavo compatibile con un paziente malato di leucemia. E’ stata una sensazione stranissima sapere di avere un “gemello” genetico da qualche parte nel mondo. Quanto ci ho messo per decidere se donare il mio midollo? Neanche un secondo». I donatori per iscriversi al registro devono avere tra i 18 e i 35 anni ma possono donare fino a 50 anni perché è preferibile che le cellule sane inviate al paziente malato siano il più possibile “giovani”.

Simona gode di buona salute e così segue e rispetta tutti gli step necessari per diventare donatrice: controlli del sangue, analisi e visite mediche, tutte coperte dal sistema sanitario nazionale. «La mattina della donazione ero agitata. Sapevo che avrei fatto qualcosa di importante. Insomma, stavo per salvare una vita e solo io potevo farlo perché le probabilità di compatibilità sono bassissime – spiega con sincerità – La donazione è consistita in un prelievo di sangue midollare durato tre ore. Non ho avuto dolore, l’unico fastidio per me è stato il non potermi grattare il naso». L’entusiasmo di Alessandra è contagioso, mentre racconta in un linguaggio chiaro la sua esperienza. «Non è nulla di impegnativo o doloroso ma l’emozione e la gioia di salvare qualcuno, di sentirsi unici e indispensabili per quella persona non può descriversi a parole».

Per diventare donatori dell’ADMO ad Asti è possibile rivolgersi al centro Trasfusionale dell’Ospedale Cardinal Massaia (Tel: 0141/485400).

Lucia Pignari

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