Nuova mostra virtuale per la coppia di artisti Delta N.A., formata da Neva Epoque e Alessandro Vignola.
E’ infatti in corso l’esposizione on line cui gli artisti astigiani hanno inviato due quadri olio su tela – intitolati “Verso la luce” e “Le stelle brillano per noi” – promossa dalla galleria londinese “Cultivate Art Gallery” e dalla rivista d’arte “The Organ”, inaugurata martedì scorso con oltre 12mila visitatori. Nonostante l’emergenza sanitaria, infatti, la coppia (nel lavoro e nella vita) di pittori e scultori, la cui peculiarità è la pittura simultanea a quattro mani, continua a beneficiare dei contatti internazionali avviati negli anni scorsi.
rPer saperne di più abbiamo domandato loro come è nata l’avventura artistica e come sta procedendo in questo periodo di pandemia.
Raccontate come è nato il progetto artistico…
«Da sempre appassionati di arte, nel 2008 abbiamo deciso di condividere uno studio in via Garetti. Entrambi psicologi, ci incontravamo nel tempo libero dopo il lavoro. All’inizio dipingevamo separatamente, ma successivamente abbiamo pensato che potevamo mescolare le nostre visioni diverse del mondo all’interno di una stessa tela, dipingendo simultaneamente a quattro mani e mischiando gli stili. All’inizio è stato molto difficile, perché non riuscivamo ad ottenere un risultato armonioso. Poi, dopo tante prove e l’affinamento della tecnica, abbiamo raggiunto il traguardo ambito».
Quando avete deciso di dedicarvi solo all’arte?
«In un primo tempo abbiamo abbinato la passione per la pittura alla professione di psicologi. Poi, quando abbiamo capito che le due attività non si potevano più conciliare, abbiamo deciso di dedicarci unicamente all’arte, iniziando un percorso infinito».
In che senso?
«L’arte è un percorso mai concluso che porta a lavorare su se stessi, scardinando tante certezze. Se ci si lascia andare totalmente all’arte, la visione del mondo posseduta fino a quel momento si sgretola perché si va oltre la percezione comune della realtà. E se questo non accade vuol dire che non si è imboccato veramente il percorso artistico, che è bellissimo, ma anche molto faticoso dal punto di vista intellettuale e fisico. Non si può dipingere un quadro su ciò che non si è intimamente percepito, ed è sempre molto difficile spiegare a parole il senso di un’opera dopo averla terminata, cioè ripercorrere con la mente cosa è accaduto mentre si dipingeva».
I viaggi all’estero e le mostre
Qual è stato il vostro approccio nell’intraprendere il percorso?
«Abbiamo viaggiato tanto, un’esperienza che ha rappresentato una parte importante della nostra crescita, dato che abbiamo avuto la possibilità di carpire da ogni posto e cultura artistica qualcosa di nuovo. In due anni abbiamo vissuto in Messico, Argentina, Cile, Stati Uniti e Canada. Alla fine, a Los Angeles, proprio mentre il budget del viaggio stava per terminare, siamo riusciti a piazzare un’opera in una galleria del centro della città. E’ buffo, a posteriori, ricordare che l’avevamo dipinta in un parco, dato che la stanza dell’aparthotel in cui risiedevamo era troppo piccola, e che i complimenti dei passanti ci avevano infuso coraggio e spinti a proporla».
«Quella mostra ci ha aperto le porte a diversi contatti. Così, dopo essere tornati in Italia, nel 2011 abbiamo deciso di vendere tutto e tornare a Los Angeles per rimanervi finché non avessimo trovato opportunità più solide nell’arte».
Com’è andata?
«Abbiamo partecipato a diverse mostre a Beverly Hills, West Hollywood e Los Angeles, dopodiché siamo stati notati dall’Istituto di cultura italiano a Miami, in cui abbiamo rappresentato l’Italia con una scultura. Entrati nel “circuito”, abbiamo poi partecipato ad una mostra all’Istituto di cultura italiano in Indonesia, dove abbiamo anche tenuto un workshop sulla nostra tecnica. Da lì abbiamo poi esposto in Italia, Francia, Spagna, Inghilterra. Inoltre abbiamo due gallerie che ci rappresentano a Tokio e Instanbul».
E ad Asti?
«Abbiamo allestito due personali, a Palazzo Ottolenghi e all’ex chiesa del Gesù. Inoltre abbiamo realizzato l’etichetta per la bottiglia di grignolino “Laudato” nato dall’uva della “vigna del Papa” di Portacomaro».
Le tecniche utilizzate
Quali sono le tecniche che utilizzate e i soggetti ricorrenti nelle vostre tele?
«Per quanto riguarda la pittura, usiamo la tecnica dell’olio su tela mentre, quando lavoriamo su carta, mescoliamo acquerelli, inchiostri e pastelli. Le nostre opere sono caratterizzate da colori molto accesi, vivi e dai contrasti importanti. A livello di soggetti, sicuramente il rapporto con la natura fa parte del nostro percorso, legato al concetto della bellezza della vita, considerata come un dono prezioso. Se anche qualche opera mostra tensione, il nostro messaggio di base è comunque positivo, ancorato al valore della vita».
«Per quanto riguarda le sculture, invece, usiamo una pasta creata da noi a base di cellulosa, molto resistente e biodegradabile, per evitare forme di inquinamento, e in grado di restituire forme morbide».
Nonostante la pandemia siete quindi riusciti a lavorare?
«Sì, nonostante le difficoltà questo periodo ci ha consentito di concentrarci molto, focalizzandoci sui dettagli e lavorando in modo intenso. Da quando è scoppiata la pandemia abbiamo notato come il mondo dell’arte si sia concentrato sul piano delle riviste specializzate e delle mostre virtuali. In sostanza, a livello globale ha creato opportunità di mostrare l’arte attraverso il web anche ai non appassionati. Tra gallerie virtuali e recensioni abbiamo sempre continuato l’attività, con l’opportunità di vendere anche opere all’estero».