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Attualità
Intervista

Vita digitale: curiamo la reputazione on line

Dai social ai siti, passando per i motori di ricerca: l’avvocato Francesca Bassa spiega come la web reputation influisca sul nostro lavoro e sulla vita “reale”

Che cosa si intende per “web reputation” e perché la nostra identità digitale è sempre più importante nella vita di tutti i giorni?

La web reputation è quell’attività che si prende cura della tua personalità online e mira a difendere la tua immagine pubblica e privata. Oggi esistono nuovi modelli di comunicazione e la propria presenza sul digitale è diventata imprescindibile: se si vuole emergere e “fare” è necessario costruire un profilo digitale. Possiamo dire che la tua autorevolezza passa anche da come è comunicata attraverso i social media o un sito internet.

A quale età è necessario iniziare a curare la “reputazione on line” e perché ciò che il web racconta di noi oggi potrebbe avere ripercussioni anche fra molti anni?

Risponderei, senza dubbio, da quando si ha in mano un telefono o un computer e si apre un account. Già i ragazzi dotati di uno smartphone e, più in generale, quelli che per legge hanno almeno 14 anni, non possono non conoscere i rischi del web. Ma devo dire che per mia esperienza professionale spesso sono i genitori a essere meno informati rispetto ai ragazzi. In questa “nuova normalità” ci siamo tutti, penso che ci vorrà molto tempo per riprendere in parte la vita di prima, e ora che siamo tutti online la questione della tutela della reputazione riguarda non solo i brand aziendali, ma gli stessi cittadini. Domandiamoci: come ci percepiscono online? Se ci piacciamo possiamo continuare, altrimenti fermiamoci e ripensiamo ai nostri contenuti e alla nostra socialità virtuale. Il nostro account social è un biglietto da visita. Tra poco tempo il CV cartaceo non conterà quasi più nulla, quello che conta sono le nostre competenze come mostrate sui social.

I giovani usano i social come strumento di comunicazione e socializzazione aperto al mondo intero, ma spesso pubblicano contenuti che possono ledere la loro “web reputation”. È vero che sempre più sovente, quando si sostengono dei colloqui di lavoro, si viene valutati anche in base alle informazioni che internet riporta di noi? E che quelle informazioni, anche se riferire a molti anni prima, possono fare la differenza tra ottenere o no un lavoro?

Per fortuna esistono regole per il “recruiting online” e la nuova normativa privacy stabilisce un perimetro per il trattamento dei dati personali, per la raccolta dei CV, delle informazioni e per la selezione dei profili sui social media. Inoltre, si consideri che ogni social nasce per una funzionalità ben precisa, alcuni solo per il lavoro altri per usi domestici. Oggi però si tende alla promiscuità. Dopodiché è chiaro che le nostre informazioni pubbliche online sono rinvenibili dai motori di ricerca o sugli stessi social e quindi bisogna prestare attenzione impostando in modo restrittivo le “Privacy Policy”. Per cui una delle prime regole consigliate è sempre quella di impostare il profilo privato e ogni tanto di cercarsi in rete.

Quali consigli può dare a chi avesse necessità di rimediare a un problema che sta rovinando la sua reputazione digitale?

Dipende dai casi di specie e dalla gravità, ma nella pratica posso dirti che il primo passo è quello di segnalare l’abuso ai social network; il secondo passo – a volte contemporaneamente al primo – è quello di rivolgersi all’autorità giudiziaria e a un legale. La segnalazione degli abusi in rete può essere fatta tramite specifici tool online ed è sempre meglio farsi assistere da un avvocato. Rispetto all’aggressione digitale, spesso rivolta alla nostra reputazione, è fondamentale saperla domare, conoscendo il campo in cui si verifica, quasi mai reagendo, vale a dire non attaccando l’utente che ci ha diffamato. In caso di pericolo il suggerimento è quello di confrontarsi subito con persone di fiducia; nel caso dei ragazzini con insegnanti e genitori.

Dal punto di vista legale che differenza c’è tra chi pubblica di sua iniziativa contenuti lesivi della propria reputazione e chi lo fa caricando o condividendo in rete informazioni, foto, video o altro materiale che riguarda terze persone?

Nell’ambito dell’educazione digitale si insegna come “un mantra” a richiedere il consenso altrui per la pubblicazione di immagini di terzi. Molto spesso le immagini di terzi sono pubblicate inconsapevolmente, altre volte hanno uno scopo ben preciso: quello di arrecare un danno e un’offesa. Tale azione è chiaramente un effetto a domino che porta di conseguenza l’utente che compie tale azione a commettere reati, trattamento illecito di dati, diffamazione, furto identità e così via. Le dinamiche che ha descritto sono ben differenti tra di loro, ma in verità si potrebbero far rientrare entrambe nel campo “dell’analfabetismo digitale”.

Oggi, se non sei su internet non esisti. Vale per le persone, ma anche per le aziende. Quanto è importante per le attività avere una web reputation positiva e come dovrebbero lavorare affinché rimanga tale?

“Se non ci sei non esisti” e se non esisti come puoi raggiungere i clienti? Per cui costruire l’identità digitale è importante, bisogna saper stare online in modo oculato, facendosi assistere da agenzie che studiano ogni giorno i trend, le mosse digitali, avere un piano editoriale per l’azienda. Richiede un certo budget economico. Creare iniziative con personaggi pubblici locali al fine di raggiungere il pubblico che desideriamo. Chiaramente qui esistono altri aspetti legali rispetto al tema della pubblicità online e contrattualistica.

Esistono anche società specializzate nella rimozione di tutti i contenuti digitali che ledono la nostra reputazione. Quando è necessario rivolgersi a queste aziende oppure a un legale?

È un tema molto interessante. Esistono associazioni, iniziative e società di consulenza che si occupano nello specifico di casi complessi di rimozioni tecniche e legali. Ma mi vien da sottolineare che la rimozione di tutti i contenuti digitali dal web non è di fatto realizzabile. Non possiamo prevenire quando un contenuto che ci danneggia viene messo on line, ma possiamo minimizzare la lesione e collaborare con gli stessi social affinché si limiti il più possibile la pubblicazione. I casi tristi sono all’ordine del giorno, si pensi al revenge porn o al cyberbullismo. Si pensi sempre prima di digitare.

Chi è l’avvocato Francesca Bassa

È Delegato locale Federprivacy. Privacy Officer certificato, si è laureata in Legge alla Bocconi di Milano e ha conseguito un Master in Sicurezza delle informazioni a La Sapienza di Roma. Attiva nel campo della data protection e cybersecurity da anni, ha lavorato in contesti internazionali e per multinazionali del web. Assiste aziende su adeguamenti normativi e GDPR. È docente di alta formazione in ambito privacy, collabora con Università ed Enti. È socia fondatrice dello Studio legale Bd LEGAL di Milano (bd-legal.it) e collabora con lo studio legale Florio di Asti.

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