Siamo pronti a coltivare da quest’anno 75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, per rispondere alle difficoltà di approvvigionamento dall’estero determinate dalla guerra. Lo ha annunciato Coldiretti in occasione del tavolo sull’emergenza grano convocato al Ministero delle Politiche Agricole rispetto alla carenza di materie prime che ha costretto ai primi razionamenti negli allevamenti ma anche nei supermercati.
“Proponiamo all’industria alimentare e mangimistica – spiegano Marco Reggio presidente Coldiretti Asti e Diego Furia direttore Coldiretti Asti – di lavorare da subito a contratti di filiera con impegni pluriennali per la coltivazione di grano e mais e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti nel rispetto della nuova normativa sulle pratiche sleali, per consentire di recuperare livelli produttivi già raggiunti nel passato. Abbiamo proposto operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito bancario delle imprese agricole, l’adozione di misure per sostenere la domanda interna, finanziare specifiche misure a favore delle filiere più esposte e, appunto, sostenere il potenziamento delle produzioni nazionali”.
Dal Ministero è stato anche annunciato un regime di aiuto straordinario sul modello dell’emergenza Covid e sostenuta l’esigenza, per quanto riguarda la Politica Agricola Comune (Pac), di rimuovere il vincolo al non incremento della superficie irrigabile, per aumentare la produttività del settore agroalimentare.
“Un impegno che ridurrebbe sensibilmente la dipendenza dall’estero da dove arriva circa la metà del mais necessario all’alimentazione del nostro bestiame, il 64% del grano tenero per la panificazione, che rende l’intero sistema e gli stessi consumatori in balia degli eventi internazionali – sottolineano Reggio e Furia.
L’Italia oggi è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti per anni agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque perché secondo la Coldiretti la politica ha lasciato campo libero a quelle industrie che per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale.