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Assedio-Porta Carlo Leva
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(Sarebbero) 30 anni d’Assedio di Canelli

Il terzo weekend di giugno del 1992 nasceva l’Assedio di Canelli 1613. Rievocazione strica partita subito con il botto, capace di fare scuola e modificare i paradigmi delle manifestazioni storiche. Nel 2017 il declino.

Farebbe trenta. Se non fosse stato messo in stand-by cinque anni fa. E’ l’ Assedio di Canelli 1613. Nasceva trent’anni fa dalla fertile mente di Piersergio Bobbio, bibliotecario soprattutto cultore della storia di Canelli. Con lui Gianluigi Bera, fine studioso di tutto quel che è storia, cultura e tradizioni. Lo supportava un nucleo di passionari: dal consigliere delegato alle manifestazioni Giovanni Vassallo a Patrizia Bagnasco Micca, Franco Chiriotti, Alberto Maravalle, il gruppo Santa Chiara. Da questo primo nucleo nacque il Gruppo Storico Militare dell’Assedio di Canelli 1613. Il primo anno, quando l’idea circolò, molti canellesi li definirono “visionari”: era il giudizio più magnanimo. <Pensavamo di essere in 200 o poco più> ricorda Bobbio. La data scelta per l’esordio era il terzo fine settimana di giugno. In poco tempo, o meglio, riunione dopo riunione il numero di curiosi, e poi di “visionari”, aumentava. Alla fine, pochi giorni prima del d-day, se ne contarono più di 600 in vesti seicentesche: militari dell’ultim’ora, con pantaloni alla zuava che parevano pinocchietti, ma tant’è, villici, gestori di osterie giustamente impiastricciati, venditori ambulanti, viandanti perditempo, monaci, suore. Ognuno ben conscio del proprio ruolo.

Con un centro storico che, a partire da piazza Cavour, si mostrava coerentemente modificato: grandi teli che pendevano da ringhiere di palazzi per nascondere in parte le modernità, balot ‘d paja sparsi dappertutto, tende militari o semplici ripari per chi voleva ripararsi dal sole, osterie che offrivano menù seicenteschi (opera di Bera). E poi il mercato, le schermaglie di improvvisati spadaccini. Comparve pure il primo cannone, fuso e dipinto di verde scuro: era una meraviglia, surclassato poi da pezzi d’artiglieria di rara foggia. <Furono giorni, anzi, settimane dove l’adrenalina scorreva aiutandoci a dare risposte e prendere decisioni – racconta Vassallo -. Si iniziava alle 8 del mattino e la sera non sapevi quando avresti chiuso. Ma sentivi che cresceva la voglia di conoscere, di sapere,, di essere protagonista. Ecco, fu questo insieme di sensazioni che costituì il tanto richiamato “spirito  originario”. Sentimento che non può più essere richiamato in talli fattezze>. Gli anni successivi furono una cavalcata. Come non ricordare il 1995, quando Canelli venne letteralmente invasa da migliaia di volontari che avevano lavorato per ripulire la città dall’alluvione del 1994, le tante amicizie consolidare come con i soldati scozzesi, franceesi, maltesi, svizzeri, le centinaia di gruppi italiani con i quali si collaborava assiduamente tutto l’anno.

Poi, venne il declino. Lo zoccolo duro dei fondatori andava invecchiando, ma non ci fu il ricambio necessario. Si fece ricorso a gruppi storici e comparse forestiere: costi alti che non si portavano appresso lo “spirito originario”. Compravi un servizio, che finiva la domenica pomeriggio-sera. Non mancarono idee nuove, come la spettacolare battaglia serale e mattutina nei prati Gancia. Ma l’Assedio si spegneva. Il maestoso portale realizzato da Carlo Leva rimase mestamente accatastato in magazzino. Ridotto ad una porta di servizio a pochi metri da piazzale san Tommaso. Fece la sua forte comparsa il teatro: ma l’Assedio non era teatro, ovvero, non solo teatro, anzi. Sino all’epilogo, nel 2017. “Sospeso” per alti costi, non più supportabili e sopportabili dissero dal Comune. Decisione che comunque arrivò al momento giusto: meglio chiudere ancora belli piuttosto che trascinare un qualcosa che sarebbe morto di moto naturale. O di Covid-19.

Farebbero 30 anni….

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