Una cifra tonda per una leggenda del futsal. Spegne le “1000 candeline” in panchina, e lo fa a modo suo, con il sorriso sulle labbra, il “guru” del futsal Orange Davì Alves. Calcettista, coach, educatore, telecronista, le sfaccettature della sua personalità coinvolgente sono molte, il costante comun denominatore è il pallone, unitamente a un campo da calcio a 5. Il futsal e Davì, due parole che viaggiano parallelamente da sempre, dai primi passi da atleta a Sao Paolo, fino a oggi, dove la sua quotidianità è fatta di ore e ore passate fra i suoi ragazzi, alcuni divenuti uomini e atleti, altri ancora fanciulli desiderosi di crescere al fianco di un grande allenatore. I numeri di Alves sono impressionanti: 436 partite da calcettista professionista, ultima gara quella disputata in maglia Orange Futsal Asti in Serie C2 contro il Lisondria. Una media, da tecnico, di 220 partite l’anno (che diventano quasi 250 se aggiungiamo i ruoli di assistente). L’arrivo ad Asti è datato 2010 dal Grosseto per disputare la Serie A2, la prima partita da coach nel 2010-2011 in Under 15 CSI contro il San Giuseppe Marello, e in quella squadra agiva un giovanissimo Kevin Stefanato, ora in “A2” all’Avis Isola.
Davì, mille partite da allenatore sono un dato impressionante: che ricordo hai della tua prima Under 15?
Mi piace molto tenere i dati, quella era la squadra di Stefanato, Muraro, ora chef in Inghilterra, Montanella, che gestisce un negozio in piazza Torino, oltre a molti altri ragazzi.
Di partite ne hai affrontate molte: quali sono le più iconiche?
Beh, direi quelle contro Barcellona, Benfica e Sporting nei tornei all’estero, ma anche i campionati vinti con l’Under 15. Abbiamo disputato ben 10 finali regionali, vincendone cinque.
I ragazzi di cui vai più orgoglioso?
Da papà sono felice del cammino di mio figlio Enrico, ma ho grandi ricordi per ogni annata. Sono molto legato ai 2007, il gruppo più longevo, con Bisco, Montauro, Vigliecca, Francalanci, Amico.
Quali sono i principi del tuo ruolo?
Per giocare a futsal non ho dovuto studiare, c’era il campo, la strada, una palestra e tanta voglia. Il ruolo di allenatore richiede invece dedizione e studio. In campo non siamo genitori ma educatori, insegniamo per prima cosa ai ragazzi cosa significa vivere in un gruppo, rispettare la puntualità e avere serietà in quello che si fa. Poi viene il compito di formare l’atleta. Se ci sono dei comportamenti sbagliati, anche a costo di perdere delle partite, è giusto dare l’esempio. Siamo orgogliosi dei 23 Orange portati in Nazionale, segno che con criterio e metodo abbiamo compiuto un percorso efficace.
Due Final Four consecutive sono un dato eloquente…
Un grande motivo di orgoglio e un premio meritato per i ragazzi.
Le candeline sono mille, ci saranno altri traguardi da raggiungere nei prossimi anni: numeri alla mano, ma soprattutto valutando prima ancora l’uomo Davì Alves che il coach, la grande certezza è che in casa Orange tanti giovani atleti e molte famiglie sono davvero in buone mani. Buon compleanno mister!