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Cronaca

Asti, se non c’è prova di spaccio, coltivare marijuana per sè non è reato

Sentenza pilota al tribunale di Asti dove il gip ha assolto un ragazzo trovato di Scurzolengo con quattro piante coltivate in vaso nel garage di casa

Sentenza pilota al tribunale di Asti

La coltivazione di qualche piantina di marijuana nel giardino, nel garage o sul terrazzo di casa rientra nella “modica quantità” consentita per uso personale e dunque non perseguibile dalla legge.
Due giorni fa, al tribunale di Asti, la prima sentenza di assoluzione di un giovane che era finito sotto processo proprio per essere stato colto dalla Polizia a coltivare in vaso, nel garage della sua abitazione di Scurzolengo, qualche pianta di marijuana. (foto di repertorio)
Il fatto era avvenuto due anni fa esatti e l’uomo era stato dapprima denunciato per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio, poi era stato anche posto in arresto ai domiciliari e poi tornato in libertà in attesa del processo.
Che si è tenuto nei giorni scorsi a porte chiuse davanti al gip Morando con l’imputato difeso dall’avvocato Lamatina.

Quattro piantine in vaso e nessun materiale per fare le dosi

Ed è stato il difensore a dimostrare che il caso del ragazzo di Scurzolengo era del tutto sovrapponibile alla sentenza della Corte di Cassazione, a sezioni unite, dell’aprile di quest’anno la quale dispone che la mera attività di coltivazione domestica in minime quantità in assenza di indizi di spaccio apparenti e comprovati (sequestro di bilancini di precisione, materiale per il confezionamento in dosi, taccuini di “contabilità”, via vai di persone presso l’abitazione o più in generale svariati incontri dell’imputato con persone note come tossicodipendenti) va intesa come produzione destinata all’uso personale e dunque non perseguibile.
Le piantine sequestrate a Scurzolengo erano quattro o cinque e dall’essicazione delle loro foglie, secondo perizia, ne sarebbero state ricavate circa 60 dosi giornaliere. Ma nella casa non era stato trovato nulla che riconducesse ad un’attività di spaccio né le frequentazioni del ragazzo, incensurato e regolarmente impiegato, facevano pensare a questo.
Tanto che persino il pm Greco ha chiesto l’assoluzione, associandosi così alla richiesta del difensore. E il giudice l’ha riconosciuta.

d.p.

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