Riflettori spenti, per un po', sul caso Elena Ceste dopo la severissima condanna arrivata mercoledì scorso a carico del marito, Michele Buoninconti, ritenuto responsabile della sua morte cui il
Riflettori spenti, per un po', sul caso Elena Ceste dopo la severissima condanna arrivata mercoledì scorso a carico del marito, Michele Buoninconti, ritenuto responsabile della sua morte cui il giudice Amerio ha inflitto 30 anni di carcere, praticamente il massimo per un processo in rito abbreviato. Da una parte, a Govone, la famiglia di Elena, con i genitori che stanno crescendo i quattro nipoti e stanno facendo l'impossibile per consentire loro di "ammortizzare" la notizia; dall'altra, a Verbania, Michele che deve fare i conti con una condanna che lui aveva sempre respinto. Lo ha anche ammesso uno dei suoi legali, l'avvocato Giuseppe Marazzita: «Michele era convinto che il giudice lo avrebbe assolto. E' toccato a noi raffreddare i suoi entusiasmi ottimistici prima ancora che uscisse la sentenza». Per qualche settimana, sul piano giudiziario, non succederà nulla: si attendono le motivazioni che hanno portato il giudice Amerio alla sentenza.
d.p.
La notizia della condanna a trent'anni di Michele Buoninconti si è diffusa in fretta a Costigliole, fin dallo stesso pomeriggio della lettura della sentenza al Tribunale di Asti. Come nel giorno del ritrovamento del cadavere di Elena Ceste nel rio Mersa e come nel giorno dell'arresto del marito, così ancora oggi le opinioni sulla colpevolezza di Buoninconti si dividono tra colpevolisti ed innocentisti. Nei commenti tra i costigliolesi in paese e nei post lasciati pubblicamente sulle bacheche di facebook in tanti, in questi giorni, hanno voluto ricordare la figura di Elena e la sorte che ha chiuso la sua esistenza.
Molte persone hanno espresso il loro favore alla sentenza espressa dal giudice. Ma il pensiero che più ha accomunato tutti quanti è stato quello rivolto ai quattro figli di Elena Ceste, alla sofferenza a cui sono stati sottoposti dalla prematura scomparsa della madre e dall'accusa, prima, e la condanna, poi, del padre, a cui il Tribunale per i minori di Torino ha tolto la patria potestà, affidando gli stessi figli ai nonni materni. Anche a papà Franco e a mamma Lucia, gli anziani genitori della mamma di Motta di Costigliole, è andato il pensiero di tanti costigliolesi, alla loro forza, al loro coraggio e al loro costante impegno a favore dei quattro giovani nipoti. Intanto la villetta di strada San Pancrazio, dallo scorso gennaio con le tapparelle abbassate, rimane quale silenziosa testimonianza del dramma che la famiglia di Elena ha vissuto in questi lunghi mesi, a partire dai giorni della misteriosa scomparsa della donna, in un'assolata e fredda giornata di gennaio, fino al suo ritrovamento e poi all'arresto del vigile del fuoco.
Impossibile per chi passa in zona non volgere gli occhi e il pensiero a quella casa e alla triste storia della giovane mamma che essa racchiude. Proprio da quella villetta inizia infatti il mistero della sua scomparsa: lì si persero le sue tracce la mattina del 24 gennaio 2014. Così come la commozione torna ogni volta che si rivolge lo sguardo alla stradina tra i campi che porta al canale che fu tomba del suo corpo per diversi mesi, a poca distanza da casa. Un intero mondo le passò accanto, senza potersi accorgere di lei.
Marta Martiner Testa