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Caso Ceste: Buoninconti in appello
Cronaca

Caso Ceste: Buoninconti in appello

A distanza di 14 mesi dalla sentenza di primo grado che lo ha condannato a trent’anni di carcere, il marito di Elena torna in un’aula giudiziaria per riproporre la sua innocenza e la sua versione sulla morte della moglie. Una versione che lo vede totalmente estraneo

+++ AGGIORNAMENTO DELLE 12.30 +++

Riprende, dopo una breve pausa, la prima udienza in Corte d’Assise d’Appello a Torino per la morte di Elena Ceste. Nella mattina il presidente ha letto la lunga relazione sul caso e sul processo in primo grado tenutosi ad Asti nei confronti del marito Michele Buoninconti finito con una condanna a trent’anni.

Nella seconda parte dell’udienza la parola passerà alla difesa, sostenuta dagli avvocati Scolari e Marazzita che chiederanno il rinnovo del dibattimento ma anche, e soprattutto, l’affidamento di tre perizie distinte sulla causa della morte della donna, sugli spostamenti di Michele determinati dai passaggi rilevati dalle celle telefoniche di Motta e di Isola e sulle tracce di fango rilevate sui vestiti consegnati ai carabinieri di Costigliole dallo stesso imputato. Perizie che, in primo grado, non erano state disposte dal giudice Amerio il quale aveva ritenuto sufficienti le consulenze di parte di pm, parte civile e difesa per formulare la sua sentenza.

 

Si è aperto a Torino, il processo di Appello a carico di Michele Buoninconti. A distanza di 14 mesi dalla sentenza di primo grado che lo ha condannato a trent’anni di carcere, il marito di Elena torna in un’aula giudiziaria per riproporre la sua innocenza e la sua versione sulla morte della moglie. Una versione che lo vede totalmente estraneo.

La linea che terrà la difesa di Michele, sostenuta dagli avvocati Enrico Scolari e Giuseppe Marazzita, era già delineata nei motivi contenuti nel corposo ricorso in Appello.

Un processo, quello a carico di Michele, prettamente indiziario, che ha preso le mosse da un colossale lavoro della Procura di Asti di raccolta di elementi e di ricostruzione della vita di Elena e della sua famiglia sia attraverso riscontri tecnologici (tabulati telefonici, intercettazioni, documenti), sia attraverso testimonianze (da quelle dei famigliari a quelle di concittadini costigliolesi e amici).

Ma, per la difesa, rimane un processo indiziario e, come tale, necessita che ogni indizio entri nella decisione dei giudici solo se è affidabile, altrimenti resta solo un “sospetto” sulla base del quale non si può condannare un uomo.

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Daniela Peira

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