Sono al momento 3 i cinghiali deceduti e affetti da “peste suina” in Provincia di Asti. Dopo il primo, nel territorio di Mombaruzzo sul confine con l’Alessandrino (già “zona rossa” in quanto a cautele richieste dalla rispettiva azienda sanitaria), ne sono stati rinvenuti 2 a Quaranti. Su queste pagine abbiamo ospitato il grido d’allarme a firma dei vertici provinciali della Cia, in cui veniva chiesto l’intervento dell’esercito per affrontare la crisi. Il ritrovamento ha avuto come conseguenza da parte dell’Asl Asti di rendere “zona 2” (equivalente a “rossa”) un perimetro di 10 chilometri attorno al primo rinvenimento.
«Finora eravamo in “zona 1”, dove la caccia è consentita in seguito a una serie di attenzioni di biosicurezza – spiega Antonello Murgia, presidente delle due Atc, ambiti di caccia del nord e sud Astigiano – I cacciatori hanno fatto anche alcuni corsi di formazione, si lavora tutti per evitare che il contagio si propaghi». Ma il passaggio a “zona 2” ha una differenza sostanziale: «Una volta abbattuto, l’animale rinvenuto all’interno del perimetro più ristretto del contagio non può essere ritirato né, ovviamente, consumato».
Le analisi vengono fatte, in ogni caso, in zona 1, ma le restrizioni sono minori. Recente novità da fonte Asl è inoltre l’apertura di 2 celle a Cessole: la prima è una cella frigo di stoccaggio, mentre la seconda è per il congelamento e lo smaltimento delle carcasse. Il tutto, in base alle direttive europee che, secondo Murgia, rischiano di non essere adeguate ai singoli contesti:
«Sarebbe meglio garantire più autonomia ai singoli stati». All’atto pratico, i cacciatori sarebbero oggi molto più restii recarsi in “zona 2”: «Se non possono portare a casa l’animale abbattuto, diventa puro volontariato. Che è una gran bella cosa, l’Italia si regge su molto volontariato, ma va fatto a determinate condizioni».
Igienizzanti, benzina, mantenimento dei cani sarebbero insomma “costi vivi” per i cacciatori per cui sarebbe indispensabile un supporto. Che potrebbe arrivare, in base a indiscrezioni, dalla Provincia di Asti. A contribuire all’evoluzione della situazione potrebbe essere anche un coinvolgimento effettivo dell’esercito, non per l’abbattimento ma come supporto logistico; fonti Asl confermano la fase progettuale.