Il sindaco di Asti Fabrizio Brignolo interviene sulla struttura di accoglienza che la cooperativa Sanitalia gestisce nei locali presi in affitto dalla Curia
«E’ sbagliato concentrare troppi ospiti (profughi ndr) al Seminario». Il sindaco Fabrizio Brignolo interviene sul caso dei richiedenti asilo che sono stati accolti, da metà aprile, all’ultimo piano del Seminario, nei pressi di piazza Catena. E’ la Cooperativa Sanitalia ad aver preso in affitto i locali dalla Curia e, dopo aver presentato un progetto in Prefettura, ad aver accolto settanta profughi in prevalenza originari della Nigeria, Pakistan, Bangladesh, Camerun, Mauritania e Bali. Tutto in regola, come da intesa con la Prefettura, ma il sindaco Brignolo, riprendendo anche la posizione espressa dall’ANCI, è convinto che mettere insieme un numero eccessivo di profughi nello stesso luogo non vada bene.
«Devono essere evitate le strutture che ospitano troppe persone tutte insieme – commenta Brignolo – Asti è stata indicata come modello di accoglienza diffusa e il sistema ha funzionato. Purtroppo questo modello non è stato rispettato dal centro di accoglienza aperto in Seminario che concentra settanta profughi. L’assessore Vercelli e il sottoscritto abbiamo espresso ufficialmente il nostro disappunto alla Cooperativa Sanitalia e proposto soluzioni alternative, indicando un locale disponibile a basso costo per suddividere gli ospiti».
Piano B: metà alla Casa di Riposo “Città di Asti”
Il suggerimento è quello di spostare metà dei profughi in un’area della Casa di Riposo “Città di Asti”, così da evitare la concentrazione nell’edificio di piazza Catena. La risposta da parte della cooperativa è stata, però, no. «Ci ha risposto no adducendo ragioni di “sostenibilità economica” – precisa il sindaco – Noi non crediamo a questa risposta. Dividere le persone in più strutture costa di più, ma gli altri soggetti che operano ad Asti lo fanno pur ricevendo lo stesso compenso di Sanitalia».
Il sindaco spiega che occorrerebbe anche una modifica normativa rispetto all’impiego gratuito dei profughi nei lavori di pubblica utilità, oggi possibile solo su base volontaria. «Capita che un ente, come abbiamo fatto noi del Comune e l’Asp, impieghi mesi per superare gli ostacoli burocratici, che si affrontino spese per formazione, assicurazione, etc., e poi chi aveva dato la disponibilità a lavorare, si tiri indietro. Sarebbe opportuno che vi fosse, invece, l’obbligo per gli ospiti di prestare il lavoro di pubblica utilità, gratuito, per un certo numero di ore al giorno. Non condivido le preoccupazioni di chi teme che questo possa integrare una forma di sfruttamento o schiavitù: è semplicemente naturale che chi riceve vitto, alloggio, istruzione e formazione restituisca un qualcosa alla comunità che lo accoglie».
La replica della cooperativa
Ernesta Fusetti responsabile del personale della Cooperativa Sanitalia, risponde così alla dichiarazioni del sindaco: «Abbiamo presentato un progetto in Prefettura per settanta posti e siamo dentro le regole».
Diversi profughi, alcune settimane fa, avevano protestato per il cibo e per gli orari di uscita dal Seminario, considerati troppo restrittivi, ma la responsabile risponde che, oggi, la situazione è migliorata. «Adesso c’è una cucina attrezzata che dà loro la possibilità di prepararsi i cibi della loro tradizione. Fanno la lista della spesa, decidono il menù, noi gestiamo il budget e cerchiamo di andare incontro alle loro richieste».
Per quanto riguarda le altre proteste segnalate in passato, pare che siano nate soprattutto per motivi culturali. «Dai Paesi dove provengono, – spiega Fusetti – gli uomini non sono abituati a rifarsi la camera o a fare le pulizie, e alcuni hanno anche chiesto di essere pagati per questi lavori, forse su suggerimento di qualcuno». La cooperativa, invece, sta portando avanti diversi progetti in vista di un loro possibile inserimento lavorativo, sempre su base volontaria. In Seminario ci sono, infatti, uomini tra i 20 e 35 anni di cui Sanitalia, in collaborazione con un’infermiera e l’ospedale, si occupa di verificare anche le condizioni mediche e di salute. «In questo momento nessuno dei profughi ospitati in Seminario lavora, – conclude la responsabile – ma la prima cosa da fare è insegnare loro l’italiano con corsi di alfabetizzazione di cui ci stiamo già occupando. Per questo tutti e settanta sono iscritti, per settembre, a corsi di lingua italiana».
Un primo passo importante nei rapporti di convivenza con il vicinato, ma per quanto riguarda il numero degli ospiti presenti sembra che le due parti rimarranno sulle rispettive, inconciliabili, posizioni.
Riccardo Santagati