È passato un anno dall’accorpamento dei banchi del mercato in piazza del Palio e la situazione, per molti degli operatori, continua a essere critica: tante proteste, diverse licenze riconsegnate, un’area “troppo diffusa” che non invoglia i clienti a visitare la piazza, rimappature annunciate, ma non ancora fatte, continuano a tenere banco.
Le voci dei negozianti
Un trasloco che, a sentire esercenti e cittadini, ai più non è proprio andato giù. «Da quando il mercato è stato trasferito, – lamenta Anna Maria Mesia, titolare del bar SevenUp di piazza Libertà – nelle giornate del mercoledì e del sabato abbiamo dimezzato gli incassi e non riusciamo più a pagare le spese. Se continua così dovremo chiudere, siamo stati penalizzati troppo e come noi tutte le attività vicine. Hanno ammazzato il commercio astigiano, – continua l’esercente – in venticinque anni che sono qui non era mai stato così, il mercato portava movimento e la gente, di conseguenza, entrava anche negli altri negozi. Adesso se facciamo un giro in centro vediamo solo locali chiusi e sporchi, ma che città sta diventando Asti? Una città di morti? Fanno pena tante saracinesche abbassate e forse il ritorno del mercato “di sopra” potrebbe risollevare un po’ la situazione».
Tanti negozianti vicini a piazza Alfieri non vogliono rilasciare dichiarazioni, ma i loro volti sono eloquenti mentre le osservazioni di chi parla sono fotocopie. «Sicuramente da quando il mercato è stato trasferito è diminuito un po’ il passaggio – dice Alessio Adurno, dipendente del chiosco “Caffè Astense” – pensavamo peggio, ma per fortuna la “perdita” è stata di un 20-30%, ossia quello che ci portavano l’ambulante e i suoi clienti. Magari utilizzando spazi diversi, riportare il mercato in centro sarebbe una bella idea».
«La mancanza del mercato ha creato molti danni – sottolinea Giovanni Grieco, titolare del “Bar Ventisette” sotto i portici Pogliani – portava pubblico, turisti, operatori. Magari anche impostato diversamente, lo riaccoglieremmo al volo. Altro tasto dolente – aggiunge – è il mercato dell’antiquariato più concentrato verso l’altro lato della piazza, una collocazione che ci sta danneggiando ed è un peccato visto gli sforzi che facciamo».
Ma anche le attività intorno a piazza del Palio non hanno beneficiato più di tanto di questo controverso trasloco, anzi. «Il mercato tutto concentrato nella piazza di sotto ha portato via molti parcheggi – afferma Alice Demaria, contitolare del negozio per bambini “Le Mademoiselle” in corso Einaudi 62 – e, di conseguenza, c’è meno passaggio di chi posteggiava per andare in centro e passava da qui. Ciò ha contribuito alla prossima chiusura di questa attività. Dovesse esserci un cambiamento auguro ai miei colleghi di riprendere il lavoro, noi purtroppo non ci arriveremo».
Bocciato anche dai clienti
A parte qualche rara parola positiva, anche i clienti manifestano malumore per il mercato unificato e sperano in un ripensamento da parte dell’amministrazione. «Per me, mercato sotto o sopra, non fa differenza – commenta Simona Bastita – è la qualità che manca; il posto non incide anche se in piazza Alfieri poteva essere più comodo per le persone anziane, ma se la qualità tornasse ad essere quella di trent’anni fa e gli astigiani fossero meno abitudinari tutto funzionerebbe».
Barbara Bergadano è una cliente storica del mercato, «ma ultimamente ci vengo poco – confessa – perché in piazza del Palio è tutto molto dispersivo e io impiego più tempo a trovare le “mie” bancarelle». «Sopra era più bello, – afferma Gianluca Farina – ci si passava anche se non serviva niente, era una tradizione, era “più Asti”, era meglio che vedere macchine posteggiate. In piazza del Palio – conclude – vai solo se ti serve effettivamente qualcosa».
Della stessa opinione Emanuela Dalponte: «Mi piace andare al mercato – osserva – ma non in questo, un mercato che è peggiorato, che disorienta e che è diventato lesivo per gli stessi ambulanti. Prima il mercato in piazza Alfieri era una sorta di cameo, ci passavi anche se non avevi bisogno di nulla; adesso, di sotto, ci va solo chi non può farne a meno».