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Asti, al Pronto Soccorso parenti tenuti fuori: la sala d’attesa è il marciapiede bollente

Da qualche settimana personale e vigilanza fa rispettare un ordine di servizio che riserva la sala d’attesa solo ai pazienti in attesa di visita.

Una decisione presa circa due mesi fa che però è negli ultimi giorni di caldo infernale che mostra tutta la potenza delle sue conseguenze.
Lo si legge in un foglio A4 appeso all’ingresso del Pronto Soccorso dell’ospedale di Asti e anche nel secondo sbarramento interno, quello verso il triage: “I parenti dei pazienti sono pregati di attendere all’esterno”. Frase secca ed efficace con un’intimazione che viene fatta rigorosamente rispettare dal personale sanitario e dalla vigilanza privata al Pronto Soccorso.
Risultato? Ogni giorno, ad ogni ora, comprese quelle dove il caldo morde di più, ci sono persone parcheggiate sul marciapiede che un tempo era usato solo per i fumatori. Fuori, all’aperto, con il solo sollievo di una pensilina che ripara dal sole e dalla pioggia. Ma poi neanche così tanto.
Unico conforto è la fila di sedie di ferro (basse, scomode, sporche, a tratti arrugginite) addossate al muro che donano un posto in cui stare fra il cemento degli autobloccanti del marciapiede e quello della facciata. Con le temperature di questi giorni, è come stare seduti in un forno. Tutto questo “confort” è riservato comunque ai primi 15 fortunati che riescono ad occupare una sedia, perchè oltre a questo numero, si sta in piedi.
La divisione è netta: nella nuova sala d’attesa del Pronto Soccorso al coperto, al fresco, hanno diritto di stare solo le persone in attesa di essere visitate mentre i loro accompagnatori devono stare fuori. Possono tornare dentro solo per prendere qualcosa dai distributori automatici o per andare ai servizi igienici, ma non possono sostare.
Chi proprio non ce la fa più a stare seduto sulla fila di sedie appiccicate alla facciata, al caldo, entra nella tromba delle scale che portano al piano di sopra e si siede sui gradini, con buona pace dell’igiene e del confort.
«Guardi, dopo quattro ore di attesa per sapere come sta mia sorella, quasi quasi fingo un malore così almeno posso aspettare nella sala d’attesa, più comodo e al fresco» è il primo commento di uno degli accompagnatori.
Fuori, fra coloro seduti all’aperto, i commenti sono tutt’altro che lusinghieri nei confronti di chi ha preso questa decisione. Che, nei casi più lievi, è considerata disumana.
«Fa un caldo impossibile, siamo tutti preoccupati per i nostri cari che sono alle cure dei medici e siamo buttati qui fuori. Quando tutte le sedie sono occupate non si ha il coraggio di rientrare neppure per prendere un po’ d’acqua o un caffè e si cerca anche di resistere alla pipì per paura di tornare e trovare la sedia occupata. Non è umano farci aspettare qua fuori, sul marciapiede. Ci sono persone anziane che hanno accompagnato mariti o mogli e non c’è pietà neppure per loro. Tutti fuori ad aspettare, qualunque sia l’ora, qualunque sia la temperatura. E quest’inverno? Se non tolgono questa regola, ci sarà il problema contrario, con persone che aspetteranno ore al freddo».
A qualcuno che ha chiesto il senso di questa decisione è stato risposto che il Pronto Soccorso è un posto di cura e non di sosta. Che una volta consegnato il paziente o la paziente ai medici, gli accompagnatori devono tornare a casa e attendere la telefonata con le notizie.
«Persone che evidentemente non hanno mai avuto una persona cara che si è sentita male – risponde un uomo da ore in attesa sulla sedia esterna per avere notizie della moglie entrata in condizioni critiche – Non sono mica pacchi che si consegnano. Siamo preoccupati e vorremmo anche essere maggiormente informati sulle condizioni di salute dei nostri familiari». Inoltre, molti utenti arrivano da Comuni della provincia anche lontani dal capoluogo e i trasferimenti non sono così agevoli, soprattutto quando si parla di persone anziane.
«Io ho lavorato a lungo nel mondo sanitario, comprendo le ragioni di chi in ospedale ci lavora ma anche degli utenti – commenta una neopensionata in Pronto al seguito della madre – Si mettano delle regole, ad esempio un solo accompagnatore per paziente, ma ci lascino stare con loro fino a quando non vengono visitati. Loro sono in sala di attesa soli e sofferenti e noi qui fuori preoccupati, in ansia e in pieno disagio».

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5 risposte

  1. Ho vissuto questa esperienza quando ho accompagnato mia mamma di 94 anni, ormai deceduta, in stato critico a causa di un ictus. Non te la senti di andare a casa, vuoi essere lì per parlare con un dottore personalmente, non al telefono.; vuoi anche avere la possibilità di vedere la persona cara anche solo per un momento, per tranquillizzarla, farle sapere che ci sei, che sei lì. Aspettare fuori in quelle condizioni è disumano, in un momento in cui sei particolarmente fragile e in ansia. La salute non è solo fisica, è anche mentale.

  2. Questa esperienza l’ho vista nel periodo del COVID…una notte mio figlio si è sentito male…io e mia nuora lo abbiamo accompagnato in P.S. dove l’hanno accolto e ci hanno detto di aspettare fuori che venivano loro a dirci qualcosa… erano le 4 del mattino…alle 6.30 noi sedute fuori e nessuno che si è fatto vivo… andiamo dentro x chiedere e alla reception non c’era più la signora ma un signore che ci guardava con aria stupita dimandandoci cosa volevamo… morale… nessuno gli aveva detto che noi fuori x ben 2 ore e mezza aspettavamo notizie di mio figlio!!! Lui con gentilezza si è interessato e finalmente abbiamo potuto vederlo… aggiungo che l’hanno poi ricoverato e se non fosse stato x quel signore gentile della reception probabilmente avremmo ancora aspettato adesso fuori in cortile del Pronto Soccorso…

  3. Purtroppo il Covid ha aperto la strada a comportamenti e decisioni a dir poco …disumani…. Ma che schifo…

  4. In Liguria è così dal COVID porti il parente che necessita di cure lasci i tuoi dati di riferimento e ti chiamano quando viene visitato o spostato per ricovero o per venirlo a riprendere dopo la visita, capisco l’ansia di sapere tutto e subito ma sinceramente non ha senso aspettare ore in una sala d’aspetto.
    Lo dico per esperienza mioarito ricoverato in un pronto soccorso in Liguria a mezzanotte siamo tornati a casa. Perché non lasciavano aspettare in sala d’aspetto e di lasciare i dati che mi avrebbero chiamato appena c’erano novità…
    Mi chiamarono che erano le 4 del mattino che l’avrebbero spostato in reparto e mi avrebbero fatto avere gli orari di visita. Eh sì magari sarò la pecora nera ma è stato meglio così….Faccio presente che lui è a casa e sta bene.

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