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Stamina per curare Sara, ricorsocontro il sì del giudice
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Stamina per curare Sara, ricorso
contro il sì del giudice

C’è molta apprensione in attesa dell’udienza di “appello” a casa di Sara, la bambina astigiana affetta da una gravissima malattia invalidante, la cui famiglia si è affidata ai giudici del

C’è molta apprensione in attesa dell’udienza di “appello” a casa di Sara, la bambina astigiana affetta da una gravissima malattia invalidante, la cui famiglia si è affidata ai giudici del tribunale del lavoro per accedere al metodo sperimentale Stamina presso gli Spedali Civili di Brescia. Avevamo già parlato di Sara a metà maggio, quando con una sentenza, la prima del tribunale di Asti, il giudice Valentina Caratto aveva accolto l’istanza della famiglia e aveva emesso un’ordinanza nei confronti degli Spedali Civili con la quale intimava loro di sottoporre la bambina alle cure compassionevoli. Una decisione dettata dalle condizioni della bambina, dalla diagnosi della sua malattia, dall’inesistenza di attuali cure che possano sollevare la sua sofferenza. Sembrava una battaglia vinta e la madre sperava che già nell’estate sua figlia sarebbe entrata nel novero di pazienti presi in carico per i “carotaggi” di cellule staminali e per le successive infusioni. Ma qualcosa si è inceppato.

Nessuna chiamata dagli Spedali Civili durante l’estate: ad ogni sollecitazione della famiglia, veniva risposto che dovevano prima finire i cicli ai pazienti già in cura e poi avrebbero iniziato una nuova serie di trattamenti. La “resistenza” si è poi spostata anche sul piano giudiziario e la famiglia della bambina astigiana è stata nuovamente chiamata davanti al giudice in seguito ad un reclamo presentato dai legali della struttura ospedaliera bresciana. I legali hanno chiesto di integrare nel contradditorio anche il Ministero della Salute e la Fondazione Stamina e martedì prossimo sarà un collegio di giudici (tre componenti) a decidere sul reclamo dei bresciani. I tre giudici potrebbero decidere di mantenere valida l’ordinanza originaria della Caratto oppure ribaltare la sentenza. In quest’ultimo caso, Sara non sarebbe ammessa al Metodo Stamina.

«Sono ottimista -dichiara l’avvocato Dario Bianchini che, con il collega Marco Vorano sta seguendo i “casi Stamina” in tutta Italia- la situazione di Sara è talmente grave e toccante che negarle le infusioni sarebbe una decisione contro l’umanità. Finora ad Asti abbiamo trovato giudici molto preparati e sensibili, confido che anche il collegio si posizionerà sul solco della decisione della dottoressa Caratto». Sara è solo l’ultima di molti pazienti che si sono dovuti rivolgere ai giudici per poter aver accesso al Metodo Stamina, portato in Italia dal professor Vannoni (non medico) convinto della bontà delle cure con staminali mesenchimali provato sulla sua pelle. Un metodo al centro di una vera e propria battaglia medica. Da una parte la comunità scientifica che non riconosce un metodo privo di procedure validate dai tradizionali protocolli di ricerca medica.

Dall’altra il professor Vannoni e le tante famiglie con bambini e adulti colpiti da malattie gravissime e invalidanti, con aspettative di vita brevi. Famiglie che non trovano risposte nella medicina tradizionale, perchè non ve ne esistono e che sono disposte a sperimentare il Metodo Stamina. «La miglior difesa di Stamina sono i sorprendenti e positivi effetti sui pazienti già trattati. La comunità scientifica è schierata pregiudizialmente contro Stamina, ma basterebbe guardare i progressi dei bambini, documentati da medici e da analisi obiettive, per convincersi che vale assolutamente la pena sostenerla e implementarla. Esperti e ricercatori che, peraltro, lavorano loro stessi a progetti sulle cellule staminali, l’unica vera risposta di avanguardia al contenimento di alcuni tipi di malattie gravi e rare. Ma non lavorano al Metodo Stamina e dunque quest’ultimo deve essere escluso».

Le motivazioni che si leggono nei casi in cui i reclami sono stati accettati e le cure negate, riguardano quasi sempre l’inidoneità del laboratorio degli Spedali di Brescia, ragioni logistico-organizzative e il condizionamento di articoli e interventi contro Stamina pubblicati sulle riviste più prestigiose. «Nessuno entra nel merito della questione -ribatte Bianchini- e quelle ragioni prevalgono sugli evidenti miglioramenti dei pazienti». Gli Spedali Civili di Brescia sono stati gli unici in Italia ad aver stipulato una convenzione con Fondazione Stamina per praticare il trattamento delle cellule e fare le infusioni. Dopo un primo momento di disponibilità, la “sollevazione” della comunità scientifica li ha fatti tornare sui loro passi e ora sono loro stessi a fare opposizione alle ordinanze di un sempre maggiore numero di giudici italiani cui si rivolgono le famiglie. «La struttura ospedaliera di Brescia ha ricevuto 500 mila euro dalla Regione Lombardia, quindi soldi pubblici, per i ricorsi legali di Stamina -commenta ancora l’avvocato Bianchini- Con quei soldi si sarebbero potute finanziare le cure per due o tre anni».

Daniela Peira

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