"Io risolvo problemi", si presentava Guido Torello. Faccendiere con precedenti per truffa, è diventato il consulente di un importante boss della mafia calabrese. E lui, originario di Nizza Monferrato, l'uomo di cui si è parlato sui media di tutta Italia e oltre. In una intercettazione diceva che avrebbe "sparato in bocca" al giornalista che aveva fatto emergere gli interessi della n'drangheta in Romagna…
E stato sicuramente un salto di qualità quello che ha fatto Guido Torello: dal suo passato di faccendiere con precedenti di truffe a quello di colletto bianco di Nicola Femia, conosciuto come Rocco importante boss ndranghetista. Il nome di Torello, originario di Nizza, anagraficamente residente a Isola ma di fatto domiciliato ad Asti, ha fatto il giro di tutti i giornali e le testate on line dItalia e dEuropa per aver minacciato di sparare in bocca ad un giornalista che ha fatto emergere gli interessi della ndrangheta calabrese in territorio romagnolo. Una frase intercettata che ha immediatamente messo in allarme i finanzieri del Gico di Bologna sotto la direzione della Dda competente per territorio.
Il giornalista è stato messo sotto scorta e gli investigatori hanno proseguito le loro indagini fino ad arrivare ad una vasta operazione che ha portato ad una trentina di arresti e numerose perquisizioni in diverse regioni oltre al sequestro di beni per oltre 90 milioni di euro. Si trattava di unassociazione a delinquere capeggiata da Femia che lucrava sul gioco dazzardo on line illegale e sulla produzione e commercializzazione di videoslot con schede gioco modificate per nascondere i reali volumi di gioco. Tutto condito da estorsioni, un sequestro di persona e al riciclaggio dei forti profitti illeciti in beni mobili ed immobili. In questa organizzazione, Torello, conosciuto con il soprannome di Torellino, 54 anni, secondo i vertici del Gico ricopriva un ruolo di primissima importanza insieme a due commercialisti, anchessi finiti sotto inchiesta.
Lui, sempre leggendo le intercettazioni e mettendo insieme i tanti elementi dellindagine, era un tecnico, un consulente al quale Femia si rivolgeva spesso prima di prendere le decisioni. «In più di unoccasione -ha raccontato il tenente colonnello Antonio Palma del Gico di Bologna- lui si è presentato dicendo Io risolvo problemi». Ed è proprio in virtù di questa sua statura allinterno dellorganizzazione e della fiducia che il boss riponeva in lui che quando è stata intercettata la sua minaccia contro il giornalista sono stati presi subito provvedimenti. Metteva in contatto le persone, creava occasioni, sfruttava la sua vasta rete di conoscenze per portare a segno sempre nuovi affari nellambito del gioco illegale e poi cambiava pelle e diventava consulente per gli investimenti dei proventi illeciti. Un uomo che era continuamente in viaggio, tanto che il suo arresto è avvenuto a Roma. Alla maxi operazione hanno partecipato anche finanzieri del Comando di Asti.
Daniela Peira