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Terra troppo asciuttaI tartufi sono un miraggio
Economia

Terra troppo asciutta
I tartufi sono un miraggio

Quanto costerà la “grattata” del prelibato Tuber Magnatum Pico? Impossibile dirlo ora anche se le previsioni non potrebbero conciliare il piacere del palato con le esigenze di portafoglio.

Quanto costerà la “grattata” del prelibato Tuber Magnatum Pico? Impossibile dirlo ora anche se le previsioni non potrebbero conciliare il piacere del palato con le esigenze di portafoglio. Indicazioni legate alle condizioni meteo prima che si abbiano i primi riscontri delle quotazioni, allorquando inizierà il periodo di raccolta fissata a metà settembre.
Pare continuino a susseguirsi le stagioni climatiche sfavorevoli alla formazione del più pregiato fungo ipogeo, caro ai territori di Langhe e Monferrato.

Precipitazioni molto scarse o, quando si verificano di carattere temporalesco, troppo violente per consentire all’acqua di penetrare con efficacia nel terreno e fornire l’umidità indispensabile allo sviluppo dei tartufi, sono la causa principale della penuria di raccolto, unita al vecchio problema della scomparsa delle piante tartufigene, complice anche  il “consumo del suolo” solo in parte attenuato dai reimpianti effettuati dalle associazioni dei trifulao.

Possibile che la produzione non venga compromessa pesantemente se nel corso delle prossime settimane le piogge risultassero continue e di una certa entità.
Per ora il consumatore si può accontentare del meno pregiato tartufo nero in attesa di conoscere le quotazioni e qualità del bianco. Ma il mondo dei cercatori è interessato dalle indagini da parte del Comando Forestale che lo scorso anno avevano portato anche veri e propri blitz durante alcune fiere, la più nota vetrina del tartufo. Una verifica nel rispetto della Legge nazionale datata 1985 che stabilisce “i tartufi freschi per essere posti in vendita al consumatore devono essere distinti per specie e varietà” e “deve essere indicato su un apposito cartoncino a stampa il nome latino e italiano di ciascuna specie… e la zona geografica di raccolta”.

Difficile però appare la verifica della veridicità della zona di provenienza del Tuber Magnatum Pico, per via dell’autofattura che il commerciante acquirente è tenuto a compilare al momento dell’acquisto e sulla quale la legge non prevede di indicare ne generalità del cedente, tanto meno il suo domicilio fiscale. Così il tartufo resta “anonimo” anche al termine della filiera. Sull’argomento si registra l’intervento di Piero Botto, presidente dell’Associazione tartufai Astigiani e Monferrini, che suggerisce una possibile soluzione proprio in nome della tracciabilità:«Sul documento fiscale si potrebbe almeno indicare il numero del tesserino identificativo del trifulao».

Un movimento importante per l’economia piemontese dove si stima una produzione annua di circa 20 quintali di tartufi bianchi, che lo scorso anno solo sul mercato di Asti ha registrato un prezzo medio di 220 euro all’etto e porterebbe ad un giro d’affari di 4,5 milioni di euro. Numeri che con l’indotto genera volumi di decine di milioni di euro in quanto sul mercato si affacciano tartufi “forestieri” (nazionali e non) che, pur in assenza di dati ufficiali e attendibili, porterebbe ad una quintuplicazione del prodotto.

Maurizio Sala

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