Governo/ Bersani al bivio,nominare ministri non sgraditi a Pdl?
Ma si prova anche pressing. Vendola: Bersani vada in Aula
Roma, 26 mar. (TMNews) – Angelino Alfano l’ha detto chiaramente, o Pier Luigi Bersani accetta di “collaborare” con tutte le “principali forze politiche” oppure in nessun modo Pdl e Lega daranno una mano a far nascere il suo governo. Una collaborazione che deve riguardare innanzitutto il Quirinale, come ha ricordato proprio Alfano, ma non solo: dal momento che il successore di Giorgio Napolitano verrà scelto tra un mese, un gesto di apertura potrebbe essere dato anche sui ministri. Ovviamente, non si tratta di mettere il segretario del Pdl alla vice-presidenza del Consiglio, come aveva ieri buttato lì Silvio Berlusconi, è chiaro che nessun uomo che viene direttamente dal Pdl o dalla Lega potrà entrare nella compagine di governo del segretario Pd. Bersani ha da giorni annunciato un governo costruito col metodo ‘Grasso-Boldrini’, cioé composto soprattutto di personalità della ‘società civile’, ma secondo quanto riferisce qualche dirigente Pd i ‘pontieri’, Lega e montiani in particolare, suggerirebbero di evitare i vari Saviano e don Ciotti e di indicare, piuttosto, nomi politici, anche di centrosinistra, ma che abbiano un profilo più ‘affidabile’. Di sicuro, spiega il dirigente democratico, “il Pdl ha dato altre 48 ore a Bersani”. Insomma, si tratterebbe di indicare ministri scelti in modo da non dispiacere al centrodestra. Bersani e Vendola, però, si preparano anche all’eventualità peggiore, ovvero quella di arrivare a giovedì senza “i numeri” chiesti da Napolitano: in quel caso si proverà comunque a chiedere di andare in Aula.
Durante la conferenza stampa di questa sera, Bersani si è mostrato ottimista, anche se ha motivato il suo stato d’animo spiegando: “Mi pare si cominci a comprendere meglio cosa intendo con quel famoso doppio registro e in particolare qual è la proposta che si delinea per questa convenzione per le riforme, la possibilità di una novità vera per questo paese”. Il Pdl, però, ha detto chiaramente che vuole “collaborare” alla scelta del nuovo capo dello Stato e all’attività del governo. E Andrea Olivero, coordinatore politico di Scelta civica, dopo aver parlato con il leader Pd ha detto: “Abbiamo chiesto al presidente Bersani un ulteriore sforzo, che indichi la volontà di un più ampio coinvolgimento delle forze politiche che possono contribuire a dare avvio alla legislatura. Il processo è in corso, attendiamo che avvenga questo fatto nuovo che abbiamo chiesto e su questo andremo a valutare e ci faremo parte attiva come forza politica”.
Insomma, le ‘larghe intese’ non sono possibili, perché l’elettorato Pd non le accetterebbe Bersani non intende riproporre ‘strane maggioranze’. Ma tutti sanno che in caso di fallimento del tentativo del leader Pd, Giorgio Napolitano proverebbe la strada del ‘governo del presidente’, cioé un premier indicato dal capo dello Stato con una squadra che, inevitabilmente, dovrebbe essere costruita in modo da non scontentare i principali partiti. “A questo punto – è il ragionamento che comincia a fare qualcuno nel Pd – perché dovremmo votare un governo così, guidato da non si sa chi, quando potremmo votare un governo Bersani con le stesse caratteristiche?!”. In questa logica, il leader Pd dovrebbe scegliere con accortezza in nomi del ministro della Giustizia e dello Sviluppo economico, i due dicasteri più delicati per Berlusconi. Non necessariamente nomi vicini al Cavaliere, ma che possano rappresentare una garanzia per il leader Pdl. Se si chiudesse l’intesa, potrebbe essere il gruppo ‘Gal’ al Senato, una costola di Lega e Pdl, a votare la fiducia, dopo avere reclutato quegli altri 5-6 senatori necessari per garantire i 158 voti che fanno la maggioranza.