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Coppola/ Procura: Dopo soldi a erario non è più insolvente
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Coppola/ Procura: Dopo soldi a erario non è più insolvente

Coppola/ Procura: Dopo soldi a erario non è più insolvente
Inquirenti ricordano rinvio a giudizio per altre società


Roma, 8 mag. (TMNews)
– “Dopo l’annullamento, da parte della Corte di Cassazione, della sentenza di fallimento della società Micop di Danilo Coppola, l’ufficio della procura non ha riproposto istanza di fallimento in quanto nel corso del processo penale l’imputato aveva versato all’erario le somme dovute dalla Micop e dunque la società non risultava più, dopo tale pagamento, insolvente”. Così afferma, in una nota, il procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, il giorno dopo l’assoluzione dell’imprenditore.

Pignatone ricorda nel comunicato che la Micop era stata dichiarata fallita per un debito nei confronti dell’erario di 18 milioni di euro. Al momento del fallimento – è sottolineato – risultava amministrata da tale Warnakulasurja, soggetto indicato da alcuni testimoni come il posteggiatore abusivo nei pressi dello studio di Daniela Candeloro, commercialista di Coppola. “In ragione della irreperibilità di Warnakulasurja sul territorio italiano le notifiche relative al procedimento fallimentare – afferma Pignatone – erano state effettuate con deposito presso la casa comunale. La sentenza di fallimento è stata annullata in quanto, secondo la Corte di Cassazione, l’ufficio fallimentare avrebbe dovuto tentare la notifica anche all’indirizzo nello Sri Lanka risultante dal passaporto esibito da Warnakulasurja al momento dell’assunzione della carica”.

E quindi “l’annullamento, per le ragione sopra indicate della sentenza di fallimento della società Micop ha determinato il venir meno del presupposto del diritto di bancarotta”. Il procuratore di Roma ricorda poi che con recente decreto del gup è stato disposto il rinvio a giudizio di Danilo Coppola e di altri per associazione a delinquere, reati fiscali e per bancarotta fraudolente con riferimento al fallimento di 12 società. L’ammontare complessivo delle distrazioni contestate è di oltre 300 milioni di euro.

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