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San Girolamo Scrivente
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Intervista

Costantino D’Orazio: «Un prestito davvero straordinario»

Il curatore della mostra ospitata a Palazzo Mazzetti spiega l’importanza del “San Girolamo scrivente”, la seconda opera di Caravaggio aggiunta all’esposizione

«Un’occasione straordinaria, difficile da ripetere».
Così Costantino D’Orazio, curatore della mostra “La canestra di Caravaggio. Segreti ed enigmi della natura morta”, visitabile fino al 7 aprile a Palazzo Mazzetti (per informazioni: www.museidiasti.com), commenta l’arrivo, martedì scorso, di una seconda opera di Caravaggio, dopo “La canestra di frutta”. Parliamo del “San Girolamo scrivente” prestato dalla Galleria Borghese di Roma. Datato 1606, è un olio su tela in cui San Girolamo, al quale secondo la tradizione si deve la traduzione delle Sacre Scritture dal greco al latino, viene ritratto come un anziano umanista nell’atto di studiare la Bibbia.
E’ stato un prestito impegnativo?
Sì, un bellissimo prestito che siamo riusciti ad ottenere dal museo che custodisce il maggior numero di opere di Caravaggio al mondo. L’aspetto più importante è che sono opere presenti dal Seicento, e non frutto di acquisizioni nel corso dei secoli, dato che parliamo della Galleria fatta costituire da Scipione Borghese, contemporaneo di Caravaggio.
E’ stato impegnativo perché i prestiti vengono richiesti, ma poi devono adeguarsi agli impegni che i musei hanno preso per le opere che custodiscono. Quando avevamo fatto domanda, il “San Girolamo scrivente” era già impegnato, perché esposto fino a dicembre a Vicenza. Dopodiché, come vuole la prassi, è rientrato in sede per sottostare ad un periodo di recupero delle condizioni ordinarie.
Su quali criteri si basa un prestito?
Di solito i prestiti vengono concessi dai grandi musei se è possibile applicare una relazione di reciprocità. Mi spiego. Se la sede dove va in prestito l’opera è prestigiosa, in grado quindi eventualmente di “ricambiare” in una occasione successiva, il prestito è più probabile. Faccio un esempio. Io sono direttore della Galleria nazionale dell’Umbria, che comprende meravigliose opere di Perugino e Pier della Francesca. Questa collezione di artisti di valore assoluto mi consente di lavorare con il Louvre di Parigi o il Metropolitan di New York, in quanto il livello delle opere che ho in collezione è di pari importanza a quello dei prestiti.
Palazzo Mazzetti, oggettivamente, non dispone di dipinti così importanti, per cui è stato preso in considerazione l’altro criterio, ovvero il valore della mostra, la qualità del progetto scientifico.
Quindi è stata un’operazione straordinaria, difficile da ripetere.

L’opera

Ci può spiegare i motivi per cui il “San Girolamo scrivente” è a tema in una mostra sulla natura morta?
Per due motivi. Il primo è espressamente iconografico. Nel dipinto Caravaggio si esprime in due opere di natura morta eccezionale: il libro e il teschio. Due oggetti inanimati, che possono tranquillamente figurare in un quadro di natura morta, dalla qualità eccelsa, in cui si riscontra la capacità dell’artista di dare anima agli oggetti.
Poi c’è un motivo filosofico. Quasi tutte le nature morte, anche se raccolgono in sè significati molteplici, in fondo sono accomunate dal messaggio costante del “memento mori”, cioè della fuggevolezza della vita. A rappresentarlo possono essere, ad esempio, fiori appassiti che convivono con altri appena germogliati o frutta che, come ne “La canestra”, è bacata. Nel “San Girolamo” questo concetto è rappresentato dal teschio, oggetto assolutamente inutile nel dipinto ai fini dell’iconografia. Tra l’altro la sua posizione è molto originale: fa in modo che la testa di San Girolamo sia quasi in contrapposizione, opponendo il santo vivo che si abbevera della Parola di Dio con il teschio che rappresenta l’abbandono della vita nel corpo umano. Tutti dettagli che, quindi, rendono calzante la presenza del dipinto in mostra.

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